Stampa questa pagina

Febbre da jam-session: dalla Capitanata al Gargano passando per i Monti Dauni, club riuniti intorno al groove di un batterista

Fabio Pompilio rifonda e spinge il movimento: territorio alla riscoperta dell'improvvisazione musicale

“La musica è come per un ballerino il ballo: per un musicista è tutto. Può essere uno svago, una compagnia, un’ancora, una passione, un amore. La musica è tante cose racchiuse in una”.
Parola di Fabio Pompilio, giovane e talentuoso batterista foggiano. Quindici anni di studio ed esperienza in festival e live di piazza, in sessioni da club o da sala-ricevimenti. Una formazione versatile, la sua, possibile grazie ad un groove capiente e ad una propensione costante: creare ritmo, far ballare il pubblico, animare l’atmosfera e condividere momenti di entusiasmo, catalizzati attraverso le sue “bacchette magiche”, che percuote con gioia e perizia su casse, rullanti, tom, charleston.

PROMOZIONE DI UNO STILE. Tanto da aver abbracciato e “spinto” sul territorio di Foggia e provincia quello che può ritenersi uno stile d’approdo per un musicista che aspiri alle complesse architetture del sound: la jam-session (termine che probabilmente deriva da "Jamu", una parola youruba dell’Africa occidentale che significa "insieme in concerto", dunque una riunione di musicisti che si ritrovano per una performance musicale senza aver nulla di preordinato, di solito improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti, detti standard, e che trae le sue origini negli ambienti del jazz diffondendosi, poi, più tardi, anche nel rock e nell’hip-hop).
Uno stile attraverso il quale, qualche mese fa, Pompilio ha festeggiato pure il suo trentesimo compleanno.

LA JAM-SESSION. Una passione, questa, che da qualche anno vede Pompilio in veste di promotore e “direttore artistico”, e, per di più, da musicista, l’ha portato a esordire, dopo anni di live alla batteria, anche come cantante, svelando al pubblico le sue calde e graffianti sonorità vocali: un bravo batterista che canti bene e in sincrono, di solito, è un passo avanti. E Pompilio non fa eccezione. Come l’umiltà nel cedere, tra una session e l’altra delle serate che organizza e in cui suona, bacchette, batteria, cajon o microfono ogni qual volta un suo omologo in sala voglia tuffarsi nel vortice dell’improvvisazione, insieme a chitarristi, bassisti, armonicisti, sassofonisti, trombettisti, tastieristi, violinisti, e via discorrendo, sempre diversi: un trasporto a cui Pompilio ispira costantemente.

STILE MAGICO. Questo e molto altro è la jam-session: amplificazione e strumenti a disposizione in loco, all'occorrenza portati da casa dagli stessi avventori, per tutti i musicisti che in un dato contesto vogliano suonare in modo estemporaneo; e via, inizia la magia della creazione su linee improvvisate, che catapulta lo spettatore e gli stessi musicisti in viaggi sonori a volte psichedelici, spaziando senza soluzione di continuità tra tappeti sonori cadenzati da sincopi o da assoli ricercati, tra territori musicali che sfumano dal jazz al blues, dal reggae al funky, dal soul all’r’n’b, dal noise alla progressive, dal rock alla drum’n’bass, dando vita a nuovi, originali sound e regalando, in definitiva, concerti spesso unici.
Una magia che può avvenire tra sconosciuti, come in un primo appuntamento al buio, un incontro sorprendente e inatteso che può sfociare in un appassionato corteggiamento, da cui può nascere l’intesa che, nel migliore dei casi, porta a nuovi interessanti progetti musicali tra gli stessi avventori delle jam.

IL RITORNO DELLA JAM. Un movimento che il batterista foggiano ha il merito di aver riavviato dalla Capitanata al Gargano passando per i Monti Dauni, dopo almeno un decennio di silenzio in cui la jam-session sembrava destinata a perdersi nel dimenticatoio, relegata alle ondate del trentennio tra gli anni ‘70 e i primi anni duemila, in cui lo stile jazz-fusion viveva a Foggia i suoi momenti d’oro grazie ad alcuni storici live-club, come la “Taverna del Gufo”, la “Grotta Omero”, lo "Zelig” o il primo “Bellamì”.
La riaffermazione della creatività sociale mescolata con le più alte potenzialità della musica, quella promossa ora, nuovamente, da Pompilio, è stata possibile grazie a gestori illuminati di nuovi club che hanno sposato il suo progetto: un progetto che vivifica il ritorno alla sperimentazione, al dialogo tra il pubblico e gli stessi musicisti del territorio, che rompe gli steccati di genere e “rango” che troppo spesso li dividevano, il tutto in atmosfere soffuse e frizzanti che nulla hanno da invidiare ai club d’Oltralpe e d’Oltreoceano.

DALLA CAPITANATA AL GARGANO, PASSANDO PER I MONTI DAUNI. Così, da sei anni, la jam-session ha pian piano ripreso piede nel Foggiano: si è ripartiti dalla vecchia “Tana” di Daniele Frate, attualmente proprietario del “Free-Time”, che, grazie al suo fiuto e al suo coraggio, ha lanciato le jam a firma Pompilio nei suoi locali, polarizzando nel tempo gli appassionati del movimento e trasformando la jam-session in un appuntamento fisso del weekend centro-cittadino (attualmente tutti i venerdì a Foggia, a partire dalle 22, in via Le Maestre, 3 - vedi foto a corredo del pezzo, autrice: Annachiara Santangelo). Portando, per di più, una ventata di freschezza nella geografia della movida nel capoluogo dauno.
Un’intuizione vincente e in espansione, foriera di un effetto domino, e cioè le successive adesioni di altri club e pub del territorio alla proposta musicale di Pompilio, che, in questi anni, ha dunque allestito jam-session anche allo “Zapoj” di Foggia e all’“Hendrix” di San Severo, e che attualmente sta allargando il giro sul Gargano e sui Monti Dauni ad altre realtà molto interessanti, come il “Fuoribordo” di Peschici, e l’“UniDa” di Biccari, quest’ultima nata pochi mesi fa ma già punto di riferimento della cultura live in quel pezo di provincia, senza contare l’interessante proposta eno-gastronomica tipico-locale. Proprio l’“UniDa” il 17 marzo dedicherà alla jam-session “diretta” da Pompilio il suo venerdì in musica lanciandola nei locali di via Calcare, 20.

I LUOGHI DEL JAZZ. “La jam-session – spiega il batterista durante la bella chiacchierata concessaci (Leggi qui l'intera intervista: “Tutta la jam che ho dentro e come l'ho riportata a Foggia”) - nasce negli anni e nei luoghi del jazz e del blues, i cui stili-padre sono il gospel e lo spiritual. Nella jam, a mio modo di vedere, si può ritrovare lo spirito di comunanza insito nei canti degli schiavi africani sui campi di cotone americani, in cui la condizione di sofferenza veniva sublimata nella condivisione musicale, con un coro che si articolava in ritmo ed armonia e un solista a turno. Nelle jam-session degli anni ‘20-’30-‘40 che ritroviamo nei mitici night-club di Chicago e New York io vedo un’evoluzione dello stesso spirito attraverso una nuova forma musicale, con tecniche e strumenti moderni come la batteria o il contrabbasso pizzicato. Ed è con il medesimo spirito, in un certo qual modo, che ho cercato di rifondare nella mia città e nel mio territorio d’origine, dopo un po’ di giri per l’Italia e l’Europa, il movimento della jam-session. Quando sono tornato a Foggia, ormai diversi anni fa, notai una condizione di sofferenza quanto alla varietà musicale in termini di produzione, condivisione e intrattenimento. Con la reintroduzione della jam-session ho cercato nel mio piccolo di colmare questo vuoto”.

di Fabrizio Sereno


 COMMENTI
  •  reload