I viventi e i perduranti (di Marcello Fois)

Dal blog letterario di Pina Dota


L'INCIPIT. Un postino sardo nasconde o distrugge per diversi anni la corrispondenza che avrebbe dovuto consegnare ai destinatari a lui affidati. E nell’Italia forcaiola che questi anni spicci e grossolani stanno disegnando, quando la notizia esce sul Corriere della Sera la reazione dei lettori è bizzarra, trasognata, quasi solidale con il postino infingardo. Come mai? La risposta è nella penna che ha narrato il fatto di cronaca, che ci ha fatto viaggiare nella abbacinante campagna sarda, ci ha fatto inspirare il profumo stordente della vegetazione selvatica che il portalettere incontrava sui suoi passi quando camminava per i sentieri di una Sardegna aspra e voluttuosa insieme, invece che scarpinare per anonimi palazzi e trafficare con le cassette postali dei condomini. Il mio primo incontro con Marcello Fois è stato questo, un articolo breve che aveva spessore che avrei potuto sentire con i miei sensi, con il tatto, con l’olfatto, con la vista, con il gusto, con l’udito, avevo lì accanto il mirto, le cicale, il cielo, le pietre. Non è assolutamente usuale che un trafiletto di giornale abbia questa forza, e il desiderio di immergermi nella scrittura di Fois è stato la naturale conseguenza.

L'AUTORE. Facile quindi comprendere che l’appuntamento organizzato con lo scrittore sardo dalla infaticabile Ubik foggiana sia diventato il fulcro di tutta una settimana, per me; avevo bisogno di esserci, di non farmelo raccontare, di imparare, raccogliere, trasformare. Mi sono trovata davanti un uomo che, quando avrà l’età che lo consente, sarà definito senz’altro un saggio, uno scrittore pienamente consapevole della portata dei suoi talenti, che riesce a parlarne senza essere mai vanaglorioso o immodesto, uno per cui scrivere è un mestiere, e i mestieri sono quel patrimonio che sopravvive all’umanità. Si affinano con l’esperienza, descrivono il tempo che è stato, mettono le basi del tempo che verrà, quell’inestinguibile filo che unisce le epoche tra di loro e realizza la possibilità di vivere appieno il proprio tempo, e seguendo lo svolgersi di quel filo vedere cosa c’è stato prima e cosa ci sarà dopo di noi. Essere “viventi e perduranti”, l’espressione che usa Fois, e la usa anche per indicare la libreria che deve per l'appunto essere luogo aggregante di viventi e perduranti. "Se non c'è la difficoltà non c'è il romanzo", dice Fois, ed è la fatica lo strumento che chiede al lettore, non nel senso che leggere deve avvenire con difficoltà, bensì intendendo che leggere, leggere per formarsi e non solo per informarsi, deve lasciarci diversi da come ci ha trovati, deve dirci quel che non sappiamo, e dirci talvolta anche quel che sappiamo, per riconoscerci, ma dircelo meglio. Leggere chiede l'impegno, chiede la dedizione, chiede che sappiamo ascoltare e sappiamo lasciarci permeare. Una lunga conversazione, densa, intensa, nella quale volentieri Fois ha affrontato tutti i temi che gli sono stati posti dinanzi, la narrativa nelle scuole, i romanzi fondanti della cultura italiana e classica, l'andirivieni continuo tra opere e autori concatenati, quel che non avremmo se non ci fosse stato quel che precedeva. Kafka che viene da Freud, Tomasi di Lampedusa che viene da Verga, la strenua resistenza che la lettura consente di opporre alla modalità di vivere facendo esperienza di "fattoidi e libroidi", come spiega citando Gillo Dorfles.

IL LIBRO. Questi gli strumenti che lo scrittore offre al lettore, nei suoi libri. L'ultimo, "Luce perfetta", terzo capitolo della saga familiare dei Chironi che racconta un secolo e più della dinastia che nasce dall'incontro tra "un fabbro e una donna", ma anche della Sardegna e dell'Italia che cambiano intorno a loro, ha al centro i fatti umani essenziali, l'amore, la rivalità, la lotta per la vita, per l'affermazione, i valori che mutano e i sentimenti che non mutano. Splendido quadro dinamico, nel quale vediamo l'azione dei protagonisti, e in cui la luce sembra fermarsi sulle pagine, rende fotogrammi alcune scene che restano indimenticabili. Il linguaggio, come in tutti i libri di Fois, è lineare, preciso, mai ridondante, e però coinvolgente, umano. Il secolo dei Chironi ha attraversato due guerre, il mare più volte, le asprezze e le difficoltà, ci descrive, ci dice dove siamo arrivati e perchè, ci scalfisce e ci chiede di amarlo e di perdonarlo. La trilogia comprende, oltre a "Luce perfetta", anche "Stirpe" e "Nel tempo di mezzo". L'ordine di lettura però è del tutto ininfluente, da qualsiasi punto cominciate saprete sempre dove siete, chi sono i protagonisti, da dove vengono, dove tendono. Il mestiere sa fare anche di queste cose, prendervi per mano facendovi aggirare il tempo.


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