CANDIDATA ALLO STREGA. Il caso è questo: negli ultimi giorni
si è parlato molto della possibilità di candidare allo Strega, probabilmente il
più ambito premio letterario italiano per la narrativa “non di genere”, il
libro “Storia della bambina perduta”, quarto e ultimo episodio della saga
“L’amica geniale” firmata da Elena Ferrante.
Elena Ferrante forse non esiste, nel senso che l’idea
diffusa da venti anni a questa parte è che sia un nome di fantasia che cela
qualcuno che preferisce continuare a non apparire. Questo comportamento, così
dissimile dalla umana vanità che fa parte del carattere di quelli che vogliono
lasciare una traccia di sé, ha suscitato sempre grande curiosità e ha fatto
nascere varie leggende. La Ferrante è un uomo, già scrittore affermato per
altri versi, la Ferrante è un/una bravo/a editor che non vuole svelare di quali
autori per cui lavora sia più bravo, la Ferrante è una traduttrice ben sposata
nell’ambiente letterario. Sono venti anni che il giudizio unanime è sempre
stato che la Ferrante scrive magnificamente, un felice connubio tra una
scrittura veramente interessante e non banale con una capacità espressiva che
affascina anche i non addetti ai lavori. Insomma, piace molto al pubblico oltre
che alla critica, non fa i numeri di un autore di quelli strafamosi, ma questo
per molti è garanzia di più qualità, la scelta del basso profilo è stata sempre
considerata una scelta di grande stile in un panorama di primedonne. Un raro
caso in cui più o meno tutti erano d’accordo nel tributarle grandi lodi.
Succede però che una settimana fa la Ferrante spariglia le carte, facendo
sapere –a mezzo lettera ai quotidiani- che accetterebbe la candidatura.
LE REAZIONI DEI COLLEGHI. La reazione di certa parte
dell’ambiente letterario italiano è così veemente che viene da chiedersi che
maschere abbiano indossato fino ad oggi molti scrittori, anche noti o notissimi
-Paolo di Paolo, Nicola Lagioia, Aldo Busi i primi nomi che mi vengono in
mente-, perché d’improvviso quella che veniva additata come una presenza
inafferrabile ed evanescente ma titolare di grandi qualità, ora che potrebbe
diventare una concorrenza qualificata è diventata una furba protagonista del
marketing editoriale che gioca sulla ambiguità del suo incognito; e questa è
una delle cose più gentili che ho letto, perché ho anche letto che “scrive da
cani” feuilleton sentimentali.
Ora, il parere mio, di una che compra di tasca sua tutti i
libri che legge, e solo alcuni li recensisce, che dall’editoria non ricava
nulla se non un inesauribile piacere che viene dagli stimoli proposti, dalla
curiosità, dalla scoperta di cose che non so e dal conforto di quelle che
imparo, ma zero virgola zero in termini monetari: avercene, in Italia, di gente
che “scrive da cani” come la Ferrante!! Questo è il paese in cui vende milioni
di copie Fabio Volo, in cui Federico Moccia dopo una sfacciatissima stagione in
cui Mida avrebbe dovuto prendere lezioni da lui, ora dispensa consigli
sentimentali ai nostri adolescenti dalle pagine di un diffusissimo settimanale
per famiglie, il che vuol dire che si prepara tutta una generazione di adulti
che hanno il loro riferimento emotivo in “Scusa ma ti chiamo amore”, in cui da
due anni circa non si è mai sopito il dibattito intorno a una trilogia
pornosoft scritta male e tradotta peggio che è più familiare della doccia
quotidiana per certe persone… e la Ferrante scrive da cani?
Avrete capito, io la Ferrante la adoro. Non da oggi, non
perché potrebbe vincere lo Strega (ma magari!), non perché ritenga che essere
snob, se così vi può sembrare che lei è, paghi.
LO STILE NARRATIVO. La Ferrante è una che, scrivendo di
sentimenti, riesce a non essere sentimentale, riesce anzi ad essere spietata,
lucida, estranea osservatrice, abile narratrice, costruisce storie credibili
nelle quali ci identifichiamo e delle quali abbiamo paura, assegna ad ogni
personaggio della sua penna un lato di luce e un lato ombra, perché questo
abbiamo in cuore noi uomini, vi mette con le spalle al muro davanti a certi
interlocutori odiosi e reali, che hanno la vostra faccia e ve ne accorgete sempre
dopo.
È una scrittrice di rara bravura, le sue storie possono non
piacervi, lo stile può non piacervi, ma il suo talento e la sua credibilità
come narratore non sono in discussione secondo me. Ha da venti anni la stessa
casa editrice, che è la e/o, piccola casa editrice fuori dai giochi delle
major. Tanto rumore per paura che qualche grande faccia brutta, brutta,
bruttissima figura?