Stampa questa pagina

Il 22 luglio a Foggia: il nostro passato è il nostro futuro. Uniti nel ricordo, per non dimenticare

Il commento di Salvatore Agostino Aiezza

Mercoledì 22 luglio ricorre il 77° anniversario dei bombardamenti anglo/americani sulla nostra città. L’estate del 1943, come i lettori ben sapranno, e proprio quando sembrava che la guerra avesse lasciato indenne la nostra città da episodi di combattimenti cruenti, soprattutto per la popolazione civile, Foggia venne a trovarsi al “centro” dei piani dei futuri alleati che preparavano lo sbarco e l’invasione dell’Italia.

UNA CITTA' FANTASMA. La sua particolare situazione geografica e la presenza di diversi aeroporti militari, industrie chimiche e un nodo ferroviario di primaria importanza, decretarono la terribile decisione di bombardare Foggia per annientare la resistenza tedesca e preparare il terreno alle truppe intanto sbarcate in Sicilia. E’ stata la tragedia più grande per la nostra terra dopo il terremoto, terribile, del 1731.  Foggia divenne il simbolo del martirio di una città e dei suoi abitanti: insieme a Dresda, città tedesca e Cassino, fu la città più bombardata in assoluto. Dopo il  22 luglio e il 19 agosto 1943 Foggia divenne una città fantasma: 20.000 morti, forse più, forse meno, chissà, nessuno potrà mai stabilirlo con certezza, dei quali migliaia periti il solo 22 luglio nei sottopassaggi della stazione, ove avevano sperato di  trovare rifugio, nella vana speranza di salvarsi, migliaia di inermi cittadini e ferrovieri, presi alla sprovvista dalle bombe e mitragliatrici dei bombardieri anglo americani. Purtroppo un treno cisterna fermo al primo binario venne colpito e il liquido infiammabile invase, incendiandosi, il sottopassaggio. Fu una carneficina. Negli stessi giorni mentre centinaia di bombardieri oscuravano il cielo di Foggia “vomitando” dal loro ventre di morte bombe e spezzoni incendiari, per procurare più danni possibili, altre centinaia di nostri concittadini, tra i quali tanti bambini, ragazzini e donne, venivano barbaramente e senza ragione mitragliati dai piloti che volavano a bassa quota, nella villa; sul viale della stazione e altrove. Omicidi, questi, sui quali mai nessuna commissione o tribunale ha mai indagato

la distruzione. Alla fine di agosto ‘43 oltre ai 20.000 morti Foggia era distrutta per  il 75 % del suo patrimonio edilizio pubblico e privato. La città fantasma,
come venne chiamata, non aveva più niente da “offrire” al nemico/amico!

GLI SFOLLATI.In quei due mesi dell’estate ’43, mentre a Foggia si moriva, un’altra tragedia, forse meno raccontata e conosciuta in molti dei suoi aspetti, si consumava: quella degli sfollati (in un dispaccio della Real Questura del 22 agosto del 1943, l’allora Questore, Dr Benigni, comunicò al Capo della Polizia che: “… in oltre 50.000 persone terrorizzate abbandonarono la città”) che a migliaia  si muovevano, come vediamo oggi alla TV quando ci mostrano i filmati di quanti fuggono dai Paesi del terzo mondo, vittime di guerre e sopraffazioni, con le loro masserizie, bambini e anziani al seguito, su carretti di fortuna o a piedi, con i più fortunati su qualche camion.  Non avevano più nulla: abbandonavano Foggia e lasciavano le loro case distrutte; quelli che erano i loro affetti e spessissimo anche i loro congiunti appena uccisi dalle schegge piovute dal cielo. Si riversarono in massa nei Paesi della nostra Provincia che fu esemplare nella grande opera di accoglienza dei loro concittadini più sfortunati. L’amore e la solidarietà dimostrata verso i nuovi arrivati non ebbe pari e servì, se non altro, a dare un po’ di sollievo da tanta sofferenza. Anche tutti gli uffici pubblici, oramai distrutti, per ordine del Prefetto furono dislocati nei comuni della provincia. Rimasero a Foggia, in pratica, solo i comandi militari; carabinieri e nessun altro. Analoga sorte toccò al Sacro Tavolo della nostra protettrice che il vescovo Monsignor Farina, molto opportunamente e provvidenzialmente fece trasferire a San Marco in Lamis. Quando la situazione tornò alla normalità occorreva ricostruire tutto; ma prima di ogni cosa ridare ai foggiani che intanto tornavano in città un minimo essenziale di servizi e abitazioni che non fossero solo grotte, interrati e case fatiscenti.

LA LETTERA. Memorabile resterà la lunga “lettera/memoria” scritta dall’Avv. Luigi Sbano, primo Sindaco  della Foggia libera, nominato il 30 settembre 1944 dal C.N.L.
ed indirizzata  all’allora Ministro della ricostruzione (Ruini) e nella quale si elencavano tutti i danni subiti e la gravissima situazione nella quale la nostra città era ridotta, richiedendosi l’intervento del Governo e gli aiuti economici. Per tutto quello che Foggia subì nell’estate del 43, le sono state riconosciute le più alte onorificenze:  La medaglia d’oro al valor civile, nel 1959 e quella al valor militare nel 2007.

IL COMITATO. Oggi, dopo 77 anni da quei tragici eventi è  quanto mai importante recuperare la memoria storica di quei giorni per consegnarla alle nuove generazioni che  poco e a volte anche in maniera distorta, conoscono del passato recente della loro città: di quello che subirono i loro nonni. Ma il “recupero” della memoria e la “trasmissione” del ricordo alle future generazioni, è un dovere morale e civico che abbiamo anche nei confronti dei pochi anziani purtroppo rimasti e che rappresentano gli ultimi   testimoni della tragedia. E’ anche per questi motivi che da alcuni anni, un gruppo di studiosi locali e appassionati della storia della loro città; semplici cittadini e cultori della nostra storia,  hanno deciso di costituire un “Comitato per realizzare un monumento alle vittime dei bombardamenti del 43”. Un Comitato che, presieduto dal Dr Alberto Mangano, si propone far conoscere a tutte le componenti della cittadinanza: dalla scuola alle istituzioni pubbliche, alla chiesa, il tragico epilogo che la guerra ebbe per la nostra città.

IL MUSEO DELLA MEMORIA. E sempre grazie alla meritoria opera dello stesso Comitato, Foggia è una delle pochissime città ad onorarsi di avere un “Museo della Memoria”, dedicato agli eventi di quella tragica estate e  degli anni successivi, con l’occupazione alleata e la ricostruzione. Un museo, sito in un luogo storico e simbolo dei bombardamenti: il pronao della villa comunale, ricco di documenti, oggetti, giornali d’epoca, utensili, cimeli, foto, materiale militare, tutto pazientemente raccolto e catalogato dai componenti del comitato stesso. Una città che ha dato, solo per i bombardamenti, migliaia di morti alla Patria,  per tacere di tutti  i patimenti materiali subiti, non poteva fare a meno di  un luogo che recuperasse e conservasse la memoria e che tutti inostri giovani e ultime generazioni, dovrebbero conoscere e visitare.
(Salvatore Agostino Aiezza)

 

di Redazione 


 COMMENTI
  •  reload