Questo pomeriggio dentro e fuori la cattedrale di Foggia, erano numerosissimi i concittadini di Ravidà, compagni di scuola, ex-professori (il ragazzo aveva frequentato il liceo classico Lanza per poi diplomarsi all'istituto Sacro Cuore prima di trasferirsi nella cittadina toscana), amici e parenti (mamma, papà, sorella e nonna in carrozzina in prima fila durante la messa, celebrata dal vescovo Pelvi, che durante l'omelìa ha invitato idealmente Giancarlo Ravidà a continuare a sorridere in cielo e a perdonare chi lo ha ucciso,"perché chi uccide non sa quello che fa", ha sottolineato Pelvi).
IL SALUTO DEI CENTAURI. Ad attendere la salma nella Piazzetta del capolugo dauno c'erano i centauri delle associazioni "Moto Club Foggia" e "Cavalieri in Moto" con le loro moto a sgasare e roboare, al momento dell'uscita della bara dalla chiesa, per rendere, a loro modo, l'estremo saluto ad un compagno di passione.
Ravidà infatti amava andare in moto (il casco poggiato a capo del feretro ne è la testimonianza) e pare avesse chiesto proprio lui, in un "pourparler" con i genitori, di essere celebrato così il giorno in cui sarebbe arrivata la sua ora.
Durante la processione, attraverso via Arpi, direzione cimitero, la mamma di Ravidà, poggiata sulla parte posteriore della bara bianca ha detto, quasi sorridendo, "Vai, vai! Sei contento?", quando i centauri foggiani hanno scaldato i motori in suo onore.