Bomba al Poseidon, fermati i presunti responsabili: ad agire padre e figlio minorenne
Sono stati fermati nella tarda serata di ieri – 17 febbraio, a Foggia, R.F. soggetto conosciuto alle forze dell’ordine e suo figlio minorenne. Secondo l’impostazione accusatoria, i due sarebbero direttamente coinvolti nel recente episodio dinamitardo commesso lo scorso 9 gennaio ai danni del ristorante “Poseidon”, in Vico Ciancarella n. 8. Nel corso della notte, un ordigno artigianale all’esterno dell’ingresso provocò, a seguito dell’esplosione, il danneggiamento della saracinesca e degli interni del locale.
IL PROVVEDIMENTO DI FERMO. Gli agenti della Polizia di Stato, appartenenti alla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Foggia, hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di R.F., emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nonché ordinanza applicativa della misura detentiva presso istituto penale minorile emesso dal GIP presso il Tribunale per i Minorenni di Bari nei confronti del figlio del predetto R.F. Secondo le indagini, i due sono ritenuti gravemente indiziati dei reati, tutti aggravati dal metodo mafioso, di detenzione e porto di materiale esplosivo, danneggiamento. Al padre, R.F., è contestato, inoltre, il delitto di tentata estorsione.
LE INDAGINI E I FILMATI. L’accertamento dei gravi indizi di colpevolezza posti alla base dei due provvedimenti eseguiti nei confronti degli indagati (fatta salva la eventuale convalida del fermo e le ulteriori valutazioni nelle fasi successive, con il contributo della difesa) è il frutto di una meticolosa attività di indagine svolta dalla Polizia di Stato, che ha compreso anche la visione e l’analisi di molteplici filmati ripresi dalle telecamere pubbliche e private della città di Foggia acquisiti nell’immediatezza degli eventi delittuosi. Le numerose ore di immagini video acquisite dagli
investigatori, oltre ad inquadrare due soggetti travisati nel momento in cui è
stato posizionato l’ordigno artigianale, hanno ripreso il tragitto che gli
stessi avrebbero percorso, dopo aver compiuto l’azione delittuosa, sino al
raggiungimento di un luogo vicino alla loro abitazione. Durante
il tragitto, inoltre, i due soggetti filmati, al fine di rendere più complessa il loro riconoscimento, si sono liberati di
parte degli indumenti indossati al momento dell'attentato.
IL RICONOSCIMENTO. Le caratteristiche
fisico-somatiche particolari sono state ritenute tali da permettere di individuare gli
indagati (sempre salvo il successivo vaglio processuale), elementi
opportunamente riscontrati da una mirata perquisizione effettuata dagli
investigatori della Polizia di Stato, la quale ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro parte degli
indumenti utilizzati per il compimento del grave reato.
L'AGGRAVANTE MAFIOSA. Nei due provvedimenti viene contestata anche l'aggravante del metodo mafioso nell'azione criminale per le eclatanti modalità con cui è stata commessa. L'ordigno è stato fatto esplodere in una pubblica via, modalità tipica delle metodiche mafiose
e idonea a provocare allarme sociale nella collettività, rafforzando il
messaggio intimidatorio ai danni delle vittime. In tal senso, gli
accertamenti tecnici espletati da personale del Servizio Polizia Scientifica di
Roma hanno effettivamente accertato che l’ordigno possedeva spiccata
potenzialità offensiva. Infatti, l’onda pressoria generata dall’esplosione e il
materiale proiettato avrebbero potuto causare gravi lesioni, anche
potenzialmente mortali, a chi si fosse trovato in quel momento nei pressi del
luogo dell’esplosione. Ed in effetti, come accertato in sede di sopralluogo da
parte del personale della Polizia di Stato, la deflagrazione ha causato
rilevanti danni, consistenti in danneggiamento di infissi, suppellettili,
arredi, vetrate e parte delle strutture murarie del locale.
I RAPPORTI CON LA MAFIA FOGGIANA. R.F. è
legato da vincoli di parentela con il soggetto a capo della “batteria”
foggiana “Trisciuoglio/Prencipe/Tolonese”, coinvolta nelle recenti operazioni
antimafia compiute nel territorio foggiano. Suo fratello, Massimiliano Russo, è uno degli imputati dell'operazione “Decima bis”.
In tale procedimento ha subito la misura cautelare applicativa della custodia cautelare in carcere per
il reato di associazione mafiosa, in qualità di partecipe con il compito di riscuotere
materialmente somme estorsive presso i commercianti ambulanti del mercato
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