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La guerra dei balconi

In via Acquaviva, dopo la bomba, è scontro tra i "Non aprire più..." e "Non possono vincere sempre loro"

In tempo di quarantena, sono diventati i luoghi più ambiti della casa. E si sono trasformati anche in palcoscenici: chi recitava poesie, chi suonava canzoni, chi intonava l’inno di Mameli e chi sbatteva le pentole. Flash mob improvvisati e voglia di condivisione. Poi, il senso di comunità, complice la frustrazione del restare chiusi nella propria abitazione, la paura del contagio e il nervosismo da repressione, ha ceduto il passo a un ritorno alla diffidenza. Oggi, i balconi sono tornati palcoscenico, in via Acquaviva. Meno artistici, più “emotivi”. Intorno alle 15, alla controra. Un relax pomeridiano squarciato da un tonfo. Da un botto. Un’esplosione. Antifurti che suonano, il tam tam sui social, le centinaia di “avete sentito?” E l’unica, triste certezza: è una bomba. Ora, pure di pomeriggio? Come se Foggia avesse un fuso orario: le 4 di notte dell’ultima bomba in zona si sono trasformate nelle 3 di pomeriggio, di un mercoledì di quarantena. (Leggi: Nemmeno il Coronavirus ferma le estorsioni, un'altra bomba al centro "Il Sorriso di Stefano")


I BALCONI. Ma per curiosare non si può uscire, se non sul balcone. Ed è qui che la doppia anima del quartiere (ma forse è semplicemente un quadro in miniatura della città), si palesa. Si sentono delle urla, da un balcone. Poi, più di uno. E sono rivolte a Luca Vigilante, il più vicino dei rappresentanti della struttura obiettivo degli ordigni. “Non aprire più”, si sente. “Te ne devi andare, lo capisci?”, “Non la devi alzare più la saracinesca”. Difficile da spiegare: il tono non è minaccioso, è quello di chi ha paura “per caso”. Di chi si lamenta della “vicinanza” di una struttura ingombrante. Che ogni tanto, esplode, come se fosse colpa di Vigilante & company. “Vienici a vivere tu qui”, si replica dai balconi a chi accenna una difesa d’ufficio dei titolari, già scossi. Fino a quando, da un altro balcone, arriva la replica, forte, vigorosa, convinta: “Ma stai zitto, perché devono vincere sempre loro? E’ bello vivere così secondo te…”. A questo punto si potrebbero scrivere fiumi di inutili e vacue parole retoriche. E pensare che forse, la forza della criminalità è proprio nella capacità di “spaccare” una città. Quella Foggia che sembrava così compatta lo scorso 10 gennaio e che la quarantena aveva reso sonnecchiante, ora si sveglia, di colpo. Proprio come un incubo che ti desta nel sonnellino della controra.

LE PAROLE. Ma va a finire che le parole più lucide, in questi frangenti, le usa proprio chi è la principale vittima. “Disagio sociale” è l’espressione con cui Luca Vigilante ribattezza la “guerra dei balconi”. “Perché la gente che abita nei pressi di una delle nostre strutture deve vivere con questo patema?” ammette candidamente. Giustifica e comprende le reazioni di chi gli ha chiesto di chiudere, definitivamente, quella saracinesca sventrata. Ma non è d’accordo: “Stiamo parlando di una struttura che gestisce la fragilità di esseri umani, di persone. Se chiudessimo questa struttura in queste circostanze, avremmo fallito tutti”. E dai balconi ci affacceremmo su una città che non avremmo più diritto di sentire “nostra”.

di Redazione 


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