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Il “Capolinea” è una gabbia in cui la farsa è l’unica risposta

Lo spettacolo firmato Rignanese-Galano

Prendi un testo di quello che fino al 13 giugno scorso è stato il più grande scrittore americano in vita e piegalo, distorcilo, adattalo alla contenzione di una gabbia. Anzi, di una farsa. Risultato: straniamento. Ovvero, la rappresentazione di una distanza che, per quanto lontana, continua a restarci stranamente nota.

CORMAC MCCARTHY. È “Capolinea”, spettacolo d’apertura della stagione “Giallo Coraggioso” del Teatro dei Limoni di Foggia, in scena quest’ultimo weekend di ottobre (repliche 28, 29 e 30, in Via Giardino; foto a corredo dell’articolo a cura di Monica Carbosiero). Libero adattamento firmato Nicola Rignanese e Roberto Galano dell’opera teatrale “Sunset Limited” di Cormac McCarthy: un testo a due, in cui si ripropone la dicotomia originale tra un professore bianco che vuole – deve – morire e un ex galeotto di colore che invece lo salva e gli chiede perché.

LA GABBIETTA. Nella fruizione dei due attori foggiani – anche la regia è condivisa – la camera del caseggiato popolare di New York pensata dallo scrittore americano si trasforma in una gabbia: più che una prigione per esseri umani però, sembra la gabbietta di un uccellino. Bianco e Nero – come sono i nomi di “Sunset Limited” – si stremano dentro e fuori le sbarre, muovendosi come burattini, declinando il dolore dell’esistenza – l’eterna assurdità del vivere – a pura e semplice pantomima, irriverente sfottò, definitiva clownerie.

IL GERARCA. A dettare tempi e modi di questa estremizzazione è Nero, interpretato da Nicola Rignanese: mimica e qualità attoriali del guitto foggiano trovano in questo personaggio la loro piena esaltazione. Nella pièce, infatti, l’ex galeotto di McCarthy si trasforma in gerarca nazista – alle spalle della gabbietta campeggia una svastica, simbolo del male – e, in un italiano tedeschizzato, da macchietta, tortura – di domande, strani ordini, macabri incantesimi – l’altro personaggio, Bianco.

IL RISCATTO. È il professore all’ultima spiaggia pensato dallo scrittore americano e resta tale anche nell’adattamento e nell’interpretazione del direttore artistico dei Limoni, Roberto Galano: come nell’originale, a salvarlo dallo schianto con un treno è stato l’altro, quella specie di angelo custode non richiesto che, senza ali né empatia, gli fa il verso, lo interroga, scava nelle sue motivazioni. Ma quando la sua sorte di vittima sembra ormai segnata ecco che arriva il riscatto, il quale accade attraverso la negazione della morte, tanto da ribaltare i ruoli e chiudere in gabbia – in gabbietta – l’altro: “Se si potesse bandire la paura della morte dal cuore degli uomini – dice nel monologo finale – non vivrebbero un giorno di più”.

di Redazione 


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