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Di giorno No Cap, di notte schiavisti: la doppia faccia della Op Principe di Puglia

Aveva aderito alla filiera etica di Sagnet

Fa parte della filiera etica Nocap di Yvan Sagnet, la Op Principe di Puglia di Stornara, l’impresa da cui prende il nome la maxi operazione anticaporalato ‘Principi o Caporali’, messa a segno dai Carabinieri di Manfredonia, in collaborazione con il Nucleo Ispettorato del Lavoro.

L’AZIENDA E NO CAP. La doppia faccia dell’azienda emerge a seguito dell’inchiesta che ha portato – nella mattinata di oggi 2 aprile - all’emissione di 10 misure cautelari personali e al sequestro di beni di 8 aziende agricole. Di giorno pioniera nella lotta contro il caporalato con tanto di bollino etico sui prodotti confezionati nel proprio stabilimento, di ‘notte’, e magari fino alle prime luci dell’alba, pronta ad assumere braccianti tramite caporali a 4 euro l’ora. La Op Principe di Puglia è la principale di una rete di imprese sottoposte a sequestro, facenti capo agli imprenditori Potito Dimallio di 66anni e ai suoi figli Antonio e Rocco Dimallio, rispettivamente di 41 e 32 anni. I broccoli e gli altri ortaggi confezionati nella loro azienda potevano fregiarsi del marchio NoCap sugli scaffali dei supermercati Dok e Despar. Ma non basta. A dicembre 2020, in un progetto sotto l’egida dell’Associazione NoCap che ha coinvolto numerose associazioni foggiane, nove donne italiane e straniere sono state assunte presso l’azienda con un contratto regolare, una storia raccontata sulle testate nazionali che ha consentito all’impresa di accreditarsi tra i consumatori. “Per la Op Principe di Puglia – raccontava il responsabile commerciale intervistato dal Manifesto - il vantaggio dell’accordo con No Cap è triplo. Facciamo impresa sociale, quindi prendiamo una posizione chiara contro il caporalato; grazie alle relazioni commerciali di No Cap acquisiamo clienti che prima non avevamo; infine, c’è la leva del marketing, apporre il marchio No Cap sui nostri prodotti è un vanto”. Una questione di soldi.

L’INCHIESTA. Intanto, però, secondo le indagini partite a giugno e condotte tra luglio e ottobre 2020, alla Op Principe di Puglia altri lavoratori venivano sfruttati. I pedinamenti, i servizi di osservazione e le intercettazioni hanno fatto emergere un ‘sistema perfetto’ (o quasi), messo a punto, per reclutare manodopera a basso costo tra i disperati che vivono a Borgo Mezzanone. Un metodo da tramandare di padre in figlio. In un’intercettazione telefonica riferita dagli inquirenti il genitore esorta l’erede: “Basta che cammini e ti avvicini verso i terreni perché anche così il caporale acquista potere”. In questa maniera gli suggeriva come presidiare il territorio. “Principi o caporali” questi imprenditori? Viene da chiederserlo, facendo il verso al nome dell’operazione. Saranno le vicende giudiziarie a chiarire i gradi di colpevolezza. Quello che, tuttavia, hanno ribadito più volte gli inquirenti, nel corso della conferenza stampa di illustrazione dell’operazione, è l’evidenza della mancata percezione da parte degli accusati della gravità dei reati commessi. Tanto da trasformarsi in novelli dottor Jekill e mister Hide.

I DUBBI SU NO CAP. Servirà un’efficace sensibilizzazione sul tema per riuscire a estirpare il fenomeno del caporalato. Ma a uscirne con le ossa rotte da questa brutta storia è anche l’associazione NoCap che definiva la Op Principe di Puglia “un'azienda con una grande preparazione e sensibilità sociale e una realtà aziendale con cui è un onore implementare il progetto di filiera etica certificata”. La patente di filiera etica data alla Op Principe di Puglia apre uno squarcio e solleva i dubbi sui metodi per assegnare il bollino etico. Come è stato possibile da parte degli ispettori dell’associazione non accorgersi di buste paga ‘vistosamente artefatte’ in quanto riportanti poche ore di lavoro giornaliere a fronte di intere giornate passate sui campi? Un errore da non ripetere più anche perché, a perderci maggiormente saranno le nove donne assunte in azienda che probabilmente perderanno il lavoro, beffate per la seconda volta.

di Michele Gramazio


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