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Quaranta euro in cambio di un voto, le cooperative di famiglia vicine alla mafia: gli 'strani' exploit elettorali di Danilo Maffei

Quaranta euro in cambio di un voto alle elezioni, le compagnie 'pericolose' con esponenti di vertice dei clan di San severo, le cooperative di famiglia vicine alla mafia. È raccapricciante quanto emerge sulla figura dell'ex consigliere Danilo Maffei, nella relazione del Prefetto che ha portato al commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose.

GLI EXPLOIT ELETTORALI. Su Danilo Maffei, in occasione delle amministrative 2019, Franco Landella ha puntato forte, come nuovo volto della destra foggiana. Ad aprile 2019, volle inaugurare di persona il comitato elettorale nel quartiere Candelaro. E i risultati sono giunti in poco tempo: 913 preferenze alle amministrative di maggio. Un boom di voti inaspettato per un 'esordiente' in politica che ha assicurato a Maffei un posto in Consiglio Comunale. Solo un anno dopo, seggio sfiorato alle Regionali 2020, grazie a quasi 5mila preferenze, delle quali oltre 3500 solo nella città di Foggia. In tanti si sono affrettati a sperticarsi nelle lodi, la relazione prefettizia offre una chiave di lettura differente sugli exploit elettorali ottenuti.

IL VOTO DI SCAMBIO. La commissione d'indagine si è soffermata su tutti i particolari di un'inchiesta per corruzione elettorale tuttora in corso da parte della Procura di Foggia in cui Danilo Maffei è coinvolto. Tutto è partito a seguito degli accertamenti effettuati dalla Digos il 20 e 21 settembre 2020. Sarà la magistratura a stabilire se effettivamente i voti sono stati comprati, tuttavia la lettura della relazione lascia di stucco. Nel corso delle operazioni elettorali, infatti, il segretario di uno dei seggi, avendo udito il rumore di uno scatto fotografico da una cabina adibita al voto, aveva chiesto l'intervento della polizia. Si è scoperto, così, che l'elettore aveva ritratto con il proprio telefono cellulare la scheda con l'espressione di voto per il candidato Danilo Maffei. La foto era stata inoltrata, poi, al proprio figlio. È stato quest’ultimo a recarsi in questura il giorno successivo e rilasciare dichiarazioni spontanee. Spiegò che una persona di cui non seppe rivelare l'identità gli aveva chiesto di votare per Danilo Maffei e di dimostrare il voto con una foto, così da poter ricevere in cambio un posto di lavoro. Era questo il motivo per cui aveva chiesto anche al padre di fare la stessa cosa. Le indagini successive hanno permesso di individuare altre persone che avevano votato per Maffei e fotografato la scheda, “come prova da fornire a una persona che aveva promesso loro, in cambio, il pagamento di una somma di 40 euro per ogni voto”. Di più, in occasione delle Regionali 2020, le indagini hanno consentito di acclarare che una pasticceria di Foggia ha “costituito un vero centro di riferimento per la compravendita del voto elettorale” come ammesso da diversi elettori. Insomma, Danilo Maffei come 'titolare di fatto' di una bottega dei voti di scambio. Secondo gli investigatori, si è trattato di “un sistema illecito organizzato con meticolosità che si è potuto pregiare del passaparola vincente e capillare che ha coinvolto un numero importante di personaggi, ovviamente garantito da parte di qualcuno e/o di coloro che avevano interesse alla vittoria elettorale di un determinato candidato”.

COMPAGNIE 'PERICOLOSE'. La relazione del Prefetto completa il quadro su Danilo Maffei con ulterioni annotazioni. Il neopolitico è stato anche 'pizzicato' in compagnia del figlio di Michele Russi, detto Coccione, boss di San Severo ucciso nel novembre del 2018 e di un altro esponente di vertice dell'omonimo clan della cittadina dell'Alto tavoliere.

LE COOPERATIVE VICINE ALLA MAFIA. Ma vi è altro. La Commissione “ha evidenziato le cointeressenze economiche di Danilo Maffei in imprese che riflettono la presenza di soggetti vicini alle consorterie mafiose foggiane". Con il padre Ludovico Maffei, infatti, Danilo è socio della cooperativa Astra che ha gestito per anni, per conto del Comune, il servizio di bidellaggio. L'importo forfettario di 1,4 milioni di euro, per tre anni, è stato riconosciuto senza la verifica dell'effettivo servizio svolto. Foggia Città Aperta già a dicembre 2020 sollevò il caso a seguito di un parere reso dal segretario generale Gianluigi Caso. Per anni il reperimento di operatori scolastici da adibire in servizio nelle scuole comunali era stato trattato come un appalto anziché come somministrazione di lavoro, garantendo alla cooperativa guadagni senza adeguati controlli sull'effettivo servizio. Tutto ciò ha consentito quello che il prefetto definisce “un arricchimento ingiustificato”. E a scapito, peraltro, delle bidelle assunte in maniera precaria e a poche ore. Laconica la conclusione del Prefetto su Danilo Maffei. Il suo comportamento, scrive Esposito, “evoca logiche latamente ricattatorie connesse all'esercizio del fondamentale diritto di elettorato attivo, piegato agli interessi di un pubblico amministratore che, invece, dovrebbe garantire la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti”. I foggiani, per vederseli garantiti, hanno dovuto affidarsi a una commissione prefettizia.

di Michele Gramazio


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