“È arrivato il pacco da giù”: l’amore viaggia per posta
Tra farina, nastro adesivo e commozione social
Com’è quel famoso detto: se Maometto non va alla montagna, la mandorla atterrata va da Maometto… Giusto? Dev’essere così, o quanto meno la sua versione in tempi natalizi di covid. L’upgrade di un proverbio nella sua accezione più meravigliosamente terrona – e se hai letto torrone allora ci siamo già capiti.
TRA FARINA E NASTRO ADESIVO. Scherzi a parte, da Foggia e non solo da Foggia, in questi giorni la nostalgia del rientro natalizio si combatte a colpi di spedizioni postali. Mamme, nonne, zie: un’orchestra di mani intelligenti che volano dal piano cottura alla carta da imballaggio, lavorando di farina e nastro adesivo, cioccolata e forbici, soppressata e timbri postali. Perché sono molti, moltissimi i meridionali sparsi oltre la Linea Gotica che quest’anno, annus horribilis, in occasione delle festività natalizie non “scenderanno”. Niente rientro, niente aperitivi, niente pettole del 24 dicembre per loro. E allora? Come si fa? Si fa che il posto vuoto a tavola lo si colma col sottovuoto in trasferta, con tanto di “commozione social” da condividere con altri foggiani al fronte.
ENZO, ANNA, MARIA GRAZIA: IL PACCO VIAGGIA SUI SOCIAL. Enzo da Bologna, ad esempio, ha pubblicato su Instagram il video del bottino esploso dal suo vaso di Pandora: salumi, cacio, carciofi (“che là costano assai”) e ovviamente le sacre mandorle atterrate della mamma. E se Anna aspetta il pane da Sant’Agata di Puglia (cento euro che dentro c’è la parmigiana), Maria Grazia già si lecca le dita perché, come scrive con tanto di porcellino emoji sul suo profilo Facebook, finalmente “è arrivato il pacco da giù”. Intanto a Perugia c’è chi sta mangiando cartellate e panzerottini da giorni, mentre un amico di San Severo (che ha la “zuppetta” nel congelatore, pronta per la Vigilia) esibisce con orgoglio una “ruota” di focaccia col pomodoro – che hai voglia a cercarla a Bologna e a Milano, quella vera si fa solo con l’aria di Puglia.
I COMMENTI DEGLI AMICI “NON TERRONI”. A rendere tutto più simpatico e in pieno stile social, poi, sono i commenti alle foto postati dagli amici dei destinatari dei pacchi, soprattutto da coloro i quali sono stati penalizzati alla nascita da una geografia così alimentarmente grama. C’è chi non ci gira intorno e brucia sul tempo gli altri: “ci vediamo?”. Chi letteralmente “se la sente” – non c’è un’altra espressione altrettanto calzante (calzante, non calzone!) – e recrimina: “Anche noi a Torino siamo in trepidante attesa”. Chi si sente poeta e quasi si commuove: “Un pezzetto di Natale pugliese contenuto in una scatola”. E chi, serio, annuncia: “Dobbiamo parlare”.
#ILPACCODAGIU’. Un piccolo bailamme mediatico che ha in #ilpaccodagiù il suo hashtag più frequente, in pieno stile Casa Surace ma, come dire, più reale, più sentimentale, più accorato. E non deve sorprendere tutto questo, né far storcere il naso chi ritiene un articolo del genere, di ‘sti tempi, un po’ frivolo: il covid non si combatte con i mostaccioli della nonna, certo, ma un po’ di amore a mezzo posta aiuta assenti e presenti a superare il Natale più difficile degli ultimi settant’anni. Su questo poi, almeno, siamo tutti d’accordo: quaggiù il cibo è una forma d’amore.
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