Lo strano caso di Foggia in tendenza: se quattro lanzichenecchi fanno più notizia di 82 mafiosi
Ottantadue arresti. Ot-tan-ta-due. Roba da uscire a fare i caroselli come quando l'Italia vince. Non un trofeo - perché a dispetto del nome dell'operazione per la criminalità non c'è nessun Game over - ma il passaggio di un turno importante, quello sì. E invece, anche in una storica giornata la narrazione di Foggia è stata condita al negativo. Come se questa città agli occhi di tutti, in primis i foggiani stessi, debba essere raccontata in un determinato modo. Incapaci di godersi una lieta novella, una nota di speranza e riscatto, ma costretti a rincorrere un racconto di Foggia che pende ossessivamente verso il brutto.
DI TENDENZA. Trend topic sui social. L'hashtag Foggia è in tendenza, da ieri. E sarebbe stato bello se il merito fosse stato dell'operazione che ha sfiancato la Società e colpito i vertici dei clan. No, nient'affatto: il capoluogo dauno è sulla bocca di tutti per quello che un collega giornalista ha definito "l'articolo più inutile, snob e classista di sempre. Ma potrei anche sbagliarmi: è molto peggio".
LA LAMENTELA. Così inopportuno da spingere il Comitato di Redazione del giornale che ha pubblicato l'articolo a prendere le distanze dal padre dell'editore. La nostra analisi l'abbiamo fatta in questo articolo e, in questa stortura della viralità, probabilmente siamo stati anche complici nel dare spazio e spago a un accanito lettore di Proust che in treno scopre la vita reale lontana dai salotti ovattati. Ma perché proprio Foggia, ci si chiedeva nel titolo dell’articolo di ieri. Forse perché in parte, ci siamo assuefatti anche noi foggiani alla narrazione che di noi si fa. E, sempre in parte, ci sta bene.
Con le sue tante colpe e responsabilità Nichi Vendola ci aveva preso: il foggianesimo, la propensione alla sterile lamentela. Il popolo che se c’è l’inaugurazione di una qualsiasi cosa non plaude all’iniziativa ma commenta con “durerà Natale e Santo Stefano”. Un popolo che, però, poi accetta quasi supinamente la carenza d’acqua, l’emergenza rifiuti (non illudetevi: se ne producono meno perché c’è meno gente in città, non è migliorato il servizio), i parcheggi che si pagano/non si pagano eccetera eccetera.
IL BRUTTO. Co-protagonisti di una narrazione della città che ormai siamo rassegnati ad accettare. Foggia fa notizia principalmente nel brutto: possiamo/dobbiamo farcene una ragione ma possiamo/dobbiamo invertire la rotta.
Vi ricordate quando a Lecco un tifoso del Foggia e la troupe televisiva sono stati circondati e aggrediti in pieno centro? Ne avete sentito parlare su qualche giornale o sito nazionale? Immaginate se fosse accaduto al contrario…
Questo non significa trincerarsi nell’omertà o nascondere i problemi (evidenti) di una città complessa come la nostra, ma se non siamo noi i primi a strapparci l’etichetta, non saranno certamente gli altri a farlo.
LA NOTIZIA. Delio Rossi, sulle cui parole dell’ultima conferenza stampa ci sarebbe da discutere, ha però detto una grande verità: “Io vi conosco, so che ci sono qualità ed eccellenze di grande livello ma all'esterno sapete come vi vedono? Brutti, sporchi e cattivi”.
Neanche ieri siamo riusciti a “ripulirci” e farci disegnare in un altro modo. Ed è finita che quattro lanzichenecchi (del Nord) hanno fatto più notizia di 82 mafiosi (arrestati). Le sciocche parole di Alain Elkann diventano più importanti di quelle del procuratore nazionale antimafia (foggiano) Giovanni Melillo.
LA NUOVA NARRAZIONE. Se Foggia avesse un sindaco vero – si leggeva nel nostro articolo di ieri - scriverebbe a Repubblica chiedendo di tutelare l’immagine della città. Ecco, a proposito di sindaco, tra tre mesi si vota. La nuova narrazione di Foggia passa anche (e soprattutto) dalle urne.
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