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La guerra tra poveri è comica: lo spettacolo firmato Teatro del Sangro-Teatro dei Limoni

Il debutto foggiano de “Il guardiano” di Pinter

Evidentemente, i disperati di ieri sono molto simili ai disperati di oggi. Se un’opera teatrale del 1960 sembra raccontare la contemporaneità in modo così calzante.

IL GUARDIANO. È il lavoro messo in scena dagli attori Stefano Angelucci Marino e Roberto Galano, rispettivamente Teatro del Sangro e Teatro dei Limoni, al debutto foggiano nel week-end 11, 12 e 13 ottobre nello spazio teatrale di via Giardino. Una coproduzione realizzata dal Teatro Stabile d’Abruzzo sull’opera “Il guardiano” di Harold Pinter, maestro drammaturgo che in ambito comico-grottesco (con punte surreali) vanta innumerevoli epigoni e ben pochi eguali. Uno spettacolo in cui si ride – e si deride anche, seppur inconsciamente – nell’osservare una condizione di miseria che è umana e sociale, esistenziale ed economica.

TRE POVERACCI. Scritto nel 1959 e andato in scena nel 1960, “Il guardiano” segna il primo vero successo che Pinter riscuote con il suo teatro. La trama rivisitata dal duo Angelucci-Galano ricalca quella originale: un senzatetto trova per caso ospitalità nell’appartamento di un tizio un po’ toccato, al limite dell’autismo, il quale però gli propone di lavorare come custode dello stabile. Il clochard si accontenta perché non ha documenti, non ha scarpe, non ha soldi; deve però fare i conti con il fratello del padrone di casa che, all’improvviso, irrompe nella storia: è un millantatore di professione, un ciarlatano dall’indole aggressiva, portatore sano di un conflitto che metterà i tre poveracci uno contro l’altro.

GABBIE. Uno spettacolo a tre gabbie, verrebbe da dire, come suggerisce la più che interessante scenografia di Cristiano Russo, in cui le reti di materasso sono le pareti di una casa che si fa metafora di un’altra gabbia più grande: quella dell’incomunicabilità umana. Nella versione Teatro del Sangro-Teatro dei Limoni poi, oltre che attualizzati, i tre personaggi sono ancora più caratterizzati: il senzatetto è uno straniero dell’est Europa con tutti i cliché del caso (un po’ razzista, un po’ fannullone, un po’ beone), il fratello ospitale è un solitario abruzzese reduce da un internamento coatto e quello esuberante è un abbruttito milanese trapiantato col pallino degli affari, parimenti incapace di uscire dalla sua stessa caricatura.

DAL COMICO ALLA RIFLESSIONE. Il primo è di pertinenza di Galano, il secondo e il terzo – che anche in Pinter non si incontrano né comunicano mai tra loro – sono invece ad appannaggio di Angelucci. Lo scontro riesce, la resa è comico-grottesca proprio come vuole il maestro inglese, ma l’aria claustrofobica che si respira prepara il terreno della riflessione: questi tre disperati, ci si chiede, sono poi così lontani dalla realtà?

di Redazione 


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