Stampa questa pagina

Intervista a Maurizio de Giovanni, il re del “giallo” italiano: “si uccide per fame, o per amore”

Dal Libro Possibile di Vieste

È senza dubbio l’autore di romanzi polizieschi più letto e amato in Italia, creatore di personaggi di successo: dal commissario Ricciardi ai Bastardi di Pizzofalcone fino a Sara Morozzi. Tutti trasposti nel piccolo schermo, compresa l’ultima, presto nei palinsesti televisivi italiani.

L’INTERVISTA. Maurizio de Giovanni ha preso parte all’edizione viestana del Festival Il Libro Possibile, lo scorso 19 luglio, per presentare il suo ultimo romanzo dal titolo “Sorelle” (Rizzoli), con protagonista proprio l’ex agente segreto Sara Morozzi. Per l’occasione, l’esperta di “gialli” Luciana Fredella ha intervistato lo scrittore napoletano.
  
Con Sara hai creato un personaggio particolare, che persegue la verità ed è vera lei stessa, un personaggio difficile. Com'è il tuo rapporto con Sara, ovvero come gestisci la sua personalità?
Mi faccio coinvolgere molto dai miei personaggi femminili, ma Sara è senz’altro la mia preferita. Lei è un ossimoro: è un agente segreto e per questo ci aspetteremmo da lei menzogne e camuffamenti, mentre è sempre totalmente sincera. Questo la tiene anche lontana dagli altri perché risulta vulnerabile. Ci sono molti aspetti della sua personalità che sono ancora tutti da scoprire. Per certi aspetti è affine ad un altro personaggio molto amato dai miei lettori anche se non saprei neppure io spiegare bene perché. Io mi limito a osservarla e descriverla. So bene che provare a capire le donne e addentrarsi nei diversi aspetti della loro personalità, è un'impresa destinata alla sconfitta.
  
Con il commissario Ricciardi, le cause che inducevano all'omicidio erano l'amore e la fame, attraverso Sara, induci i tuoi lettori a pensare che le cause siano diverse. Quali sono i motivi per cui si uccide oggi?
In realtà non è cambiato molto. Probabilmente sono ancora queste le due motivazioni principali, sono le declinazioni che possono essere diverse. La fame indica la necessità, ma anche la brama di potere, di possesso. Allo stesso modo, l’amore che uccide è una distorsione dell’amore, è l’amore che vuole possedere.
  
Hai affermato che "i segreti possono cambiare la storia". Se non avessi conosciuto Sara pensi che avresti studiato e trattato i "segreti" degli ultimi 30 anni?
Li ho sempre studiati ma con Sara ha avuto la possibilità di parlarne e di immaginare, da scrittore, alcune possibili trame. Lo scrittore di narrativa come me immagina, può e deve riempire gli spazi vuoti con il plausibile, può scrivere quello che potrebbe essere accaduto ma che non è detto sia successo davvero. Noi scrittori possiamo usare un approccio narrativo per immaginare o inventare soluzioni di molti segreti nazionali.
  
La serie con protagonista Sara presto sarà una fiction in TV. Come ti senti quando le tue "creature" vengono usate con un linguaggio totalmente diverso? Passando da una fruizione passiva rispetto a quello attiva della lettura?
Hai perfettamente ragione, i linguaggi sono molto diversi. La lettura è un’attività diversa da tutte le altre forme di fruizione di una storia. Davanti a uno schermo noi siamo passivi, vediamo quello che ha immaginato qualcun altro, non abbiamo bisogno di immaginare. Quando uno legge un romanzo, invece, parte per un viaggio: è attivo, deve lavorare. La lettura è un’attività, non una passività. Quando io leggo non posso stare sui social, non posso rispondere a un messaggio su WhatsApp; quando guardo un film o un telefilm posso tranquillamente, nel contempo, andare sui social o anche pensare ai fatti miei. Se leggo un libro, nel momento in cui penso ai fatti miei, devo tornare indietro al punto in cui ho incominciato a pensare ai fatti miei, altrimenti non capisco più niente della storia. Questo fa capire perché la lettura è una cosa tutta diversa dalle altre.
  
Con le fiction poi, il divario aumenta ancora di più?
Il linguaggio di una fiction è molto diverso da quello di un romanzo, è un linguaggio che richiede le competenze di tante persone, tante competenze, nelle quali non entro nel merito e non intervengo. Io sono uno scrittore di romanzi e cerco di portare il lettore in viaggio, in un altro posto. È estremamente gratificante, perché sei l’unico tramite tra il lettore e la storia, cioè l’unico che può dare al lettore i punti di riferimento per fare il lavoro che il lettore deve fare. Quando io faccio un film, che lo vedano un milione di persone o dieci, è lo stesso film, uguale. La lettura invece cambia di persona in persona: lo scrittore inventa una storia, il lettore ne immagina un'altra nel libro che legge. Quindi la lettura è la cosa più bella e speciale.
  
A cura di Luciana Fredella

di Redazione 


 COMMENTI
  •  reload