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Mafia, il procuratore Vaccaro: “Non basta l'azione dello Stato, serve una reazione dei cittadini al crimine”

“La mafia vive e si rafforza quando è capace di costringere una comunità all'assoggettamento e all'omertà. È quello che accade nel nostro territorio. Per sconfiggerla non basta l'azione dello Stato: se le vittime continuano a piegarsi e non collaborano con le istituzioni, il fenomeno non è risolvibile”.

SCARSA COLLABORAZIONE. È questo l'appello lanciato dal procuratore della Repubblica di Foggia, Ludovico Vaccaro, nel corso del suo intervento al dibattito pubblico, tenutosi presso la parrocchia Gesù e Maria nella serata di ieri, 25 agosto . L'evento è stato organizzato nell'ambito del Campo Nazionale per giovani sulle tematiche di Giustizia, Pace e Integrità del Creato, organizzato dai Frati Minori d'Italia. Vaccaro ha avuto modo di raccontare alcuni episodi di indagini passate: “Nel dover ricostruire un omicidio – ha rivelato - abbiamo ascoltato alcune persone che conversavano sul luogo dove era avvenuto. Ebbene, tutti hanno dichiarato di trovarsi di spalle rispetto a chi aveva sparato. Come facevano a chiacchierare tra di loro girati di spalle non è ancora chiaro” ha chiosato amaramente il magistrato. Che poi ha aggiunto: “Succede anche per altri reati come per il cosiddetto 'cavallo di ritorno'. Nell'ambito di indagini sui furti di auto e macchine agricole – ha ricordato - sono state intercettate telefonate in cui le vittime si accordavano per la restituzione dell'auto. Chiamate per essere interrogate, in prima battuta ogni persona ha dichiarato di aver ritrovato l'auto per caso, salvo poi restare esterrefatti all'ascolto della conversazione intercettata”.

L'APPELLO. Da qui, dunque, la sua riflessione: “Per combattere e sconfiggere la mafia, l'azione dello Stato deve essere accompagnata dalla collaborazione dei cittadini con le istituzioni” ha esortato Vaccaro. “Serve una reazione sociale al crimine. Del resto, ora è evidente che le criminalità organizzate si espandono perchè investono i capitali ottenuti illecitamente in attività imprenditoriali, anche al nord, e ciò avviene nel silenzio dei cittadini. In tal senso sono efficaci le interdittive antimafia, emesse in numero considerevole sul nostro territorio, che impediscono alle imprese in odor di mafia di entrare in rapporti con la Pubblica Amministrazione”.

LA GIUSTIZIA RIPARATIVA. Il tema dell'incontro verteva in particolare sulla necessità di abbandonare la cultura dell'io per passare a quella del 'noi' e del sentirsi comunità. In tal senso, Ludovico Vaccaro ha espresso il suo favore per la cosiddetta 'giustizia riparativa' rispetto alla 'giustizia penale'. “Si sta diffondendo questo nuovo concetto e ne ha parlato anche il Papa” ha illustrato il procuratore capo. “Nel concetto tradizionale di giustizia penale il reato è una colpa cui corrisponde una pena. Il processo è dunque uno scontro tra difesa e accusa in cui prevale il più forte e spesso per la vittima è fonte di ulteriori strazi per le legittime strategie degli avvocati difensori. In tal modo però, si acuisce il contrasto con il colpevole e la pena è solo afflittiva. La giustizia riparativa è una giustizia 'capovolta' in cui le parti si incontrano. Il reato è concepito come rottura di una relazione con la persona offesa e più in generale con la comunità e il processo mira a una mediazione e a un percorso comune di riconciliazione”. Sollecitato dalle domande del pubblico, in particolare sulla necessità di condanne certe per chi delinque in modo tale da aumentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, Vaccaro ha poi voluto approfondire il concetto: “Giustizia riparativa non significa che chi delinque non debba finire in carcere. Ciò è fuori discussione, la pena però per essere efficace deve essere anche rieducativa. Con un processo afflittivo, l'imputato si allontana ancor più dalla comunità e vede lo Stato come nemico. A Foggia, per esempio, le recidive di reato sono oltre il 70% dei casi e il carcere di Foggia è uno dei luoghi peggiori di non ascolto sia dei detenuti sia del personale che ci lavora”.

LA POLITICA. Con la campagna elettorale in corso, in vista delle elezioni del 25 settembre, inevitabile è stato un passaggio sulla possibile discesa in campo di magistrati, come avvenuto per esempio nelle fila dei Cinque Stelle per Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho: “Sono in generale contrario all'entrata in politica dei magistrati in quanto va a inficiare il concetto di terzietà e indipendenza. Sicuramente mi appare fuori luogo un loro reintegro dopo un'avventura politica. Io personalmente non lo farò mai” ha specificato Vaccaro. “Nel caso di Scarpinato e Cafiero De Raho, tuttavia, mi sembra una scelta legittima considerato che sono andati in pensione e al termine del lavoro in magistratura è sicuramente possibile avvertire di volersi spendere nelle istituzioni”.

di Michele Gramazio


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