Il padre Zdenek è morto, l’ha ucciso il figlio Delio: psicoanalisi di una vittoria
In ballo, l’evoluzione della specie del tifoso rossonero
Forse è la volta buona. Forse è l’occasione giusta per pacificare una città – calcisticamente parlando, s’intende. Forse, indipendentemente da come andrà a finire l’avventura rossonera, forse un punto definitivo è stato messo. Ieri, giovedì 8 giugno 2023. Allo Stadio Adriatico-Cornacchia di Pescara.
MEGLIO UCCIDERLO. Ci voleva Sigmund Freud, evidentemente. Il creatore della scienza psicoanalitica. In questo caso – profano, naturalmente: ma cos’è il pallone se non questo? – applicata allo sport. Al calcio. Al rapporto erotico che la città di Foggia ha da sempre con il più importante personaggio sportivo della sua storia: il boemo. Crocevia pulsionale di più generazioni di tifosi che, fatidicamente, in questo doppio confronto con il Pescara si sono ritrovati quanto mai divisi. Amarlo sempre e comunque, anche da avversario? Oppure cominciare a odiarlo come ogni avversario? Né l’uno, né l’altro. Meglio ucciderlo.
FREUD. In “Totem e Tabù” – opera del 1913 – Freud parla di parricidio: l’uccisione del padre da parte dei figli, l’eliminazione del capoclan “che tiene per sé tutte le femmine e scaccia i suoi figli man mano che crescono”. L’abbattimento dell’ostacolo con conseguente cibazione. Si tratta di un mito, ovviamente. Edipico, per la precisione. Il famoso psicoanalista lo utilizza nientemeno che per spiegare la nascita delle grandi religioni – e daje col sacro e profano... Ma è anche e soprattutto l’interpretazione di una ribellione: necessaria, vitale, evoluzionistica – in ballo c’è la specie, la motivazione della stessa. E qui veniamo a noi, perché quando i figli uccidono il padre succede che poi si pentono, dice Freud: il rimorso, la colpa, li attanaglia. Rivogliono il padre ma ormai si sono cibati delle sue carni: non resta che trasferirlo, riprodurlo, reinventarlo. Creare un totem, ossia un simbolo religioso: una divinità, in pratica.
IL TOTEM ZEMAN. Che è ciò di cui ha bisogno il tifoso rossonero: creare il totem Zeman e, dopo giovedì 8 giugno 2023, andare avanti. Superare il conflitto, evolvere la sua specie di essere umano con sciarpetta al collo. Il figlio Delio ha ucciso il padre Zdenek, il rito tribale è avvenuto davanti a ventimila membri della tribù: il banchetto si è consumato rigore dopo rigore, carne dopo carne. All’ultimo sangue. La finale playoff, la porta della serie B, è nelle mani del figlio che tale, per intercessioni di divinità “pallonare”, lo è davvero. Delio Rossi allievo di Zdenek Zeman, suo calciatore prima, ricercatore del suo calcio dopo – fu allenatore della primavera del Foggia proprio ai tempi di Zemanlandia, alle origini del mito: fato? Dei? Coincidenze? Fate voi.
SOLO UN GIOCO. E allora? E allora sia. Si scriva la data 8 giugno 2023 su quel totem chiamato Zdenek Zeman e gli si conferiscano tutti i tabù sacri di questo e quell’altro mondo, a ciascun tifoso il suo divieto, a ciascun rossonero il suo atto definitivo, a ciascun foggiano il suo Zeman. Ma si proceda, da qui in poi. E si proceda in pace perché questo – l’articolo, Freud, la psicoanalisi di una vittoria – è solo un gioco ma quell’altro, quello che va in scena la settimana della finalissima, gioco, a esser sinceri, non lo è mai stato. In ballo c’è la fede, la passione, l’amore. L’evoluzione della specie del tifoso e Delio Rossi, il figlio, tifoso del Foggia Calcio lo è da sempre. Anzi no: lo è dai tempi di Zdenek Zeman, il padre.
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