Policlinico Riuniti, lo sfogo di un lavoratore: “Ogni giorno ci chiediamo, oggi a chi tocca?”
Dopo la morte di Pucariello, aumenta l'insicurezza di chi è in prima linea
La morte di Luigi Pucariello, per tutti Gino, infermiere del 118 in servizio per il Policlinico Riuniti all’ospedale di Lucera, salutato per l’ultima volta dai suoi colleghi nella giornata di lunedì 30 novembre (nella foto), è solo l’ultima delle tante scosse che stanno colpendo coloro i quali lottano in prima linea contro il Coronavirus. E che, senza volersi tirare indietro, soffrono una situazione sempre meno sicura.
LA VICENDA DI GINO E LA PAURA DI TUTTI. “La morte di Gino è sintomatica di una situazione sempre più critica per chi lavora al Policlinico Riuniti: dopo anni di servizio tra Pronto Soccorso di Foggia e centrale operativa, Luigi ha ottenuto il trasferimento a Lucera, la sua città, sempre al Pronto Soccorso, lo stesso che è stato chiuso per un focolaio probabilmente causato dalla mancanza di filtro dall’esterno. Ci sono stati diversi casi di contagio nel personale e tra questi anche Gino: all’inizio era asintomatico, poi sintomatico, infine si è aggravato e ci ha lasciato a causa di questo maledetto virus… Ecco perché ormai da diversi giorni quando iniziamo il turno ci chiediamo: oggi a chi tocca?”.
INSICUREZZA, PROMISCUITA’, ORGANIZZAZIONE. È lo sfogo di uno dei lavoratori più esposti, in grado di intercettare una paura comune vissuta e immancabilmente condivisa da moltissimi colleghi, ognuno chiamato a fare la sua parte in una situazione lavorativa sempre più insicura e parimenti priva di serenità – e la richiesta di anonimato non fa che confermare questa sensazione. “Il caso ‘famoso’ delle code di ambulanze di qualche settimana fa deve far riflettere sul livello di organizzazione dell’ospedale di Foggia, sulla promiscuità in struttura e sui numeri elevati di casi”.
NON SAPPIAMO CHI DI NOI E’ POSITIVO. Tra le recriminazioni più urgenti, ci sarebbe anche l’assenza di comunicazione con la dirigenza del Riuniti. “Hanno eretto un muro – spiega ancora il lavoratore alla redazione – e non ci dicono neanche il numero esatto di lavoratori contagiati: solo se siamo entrati in contatto diretto con un collega positivo riceviamo una comunicazione ufficiale. Per il resto, per capire cosa sta succedendo, dobbiamo affidarci a voci di corridoio che non fanno che alimentare l’altissima percezione di insicurezza e di pericolo vissuta sul lavoro”. In pratica, anche i numeri dei lavoratori del Riuniti positivi al Covid – che, a detta di alcuni, avrebbero superato i 200 circa – finiscono immancabilmente nel calderone dei dati regionali, senza che nessuno tra medici, infermieri e operatori sappia qualcosa di più.
“PEZZI INTERCAMBIABILI DI UN INGRANAGGIO”. “Per legge – aggiunge il dipendente del Policlinico – il Direttore Generale è direttamente responsabile della sicurezza dei suoi lavoratori, ma noi non riusciamo ad avere garanzie di nessun tipo: l’amministrazione è tutta in smart working a causa del Covid e, a parte qualche e-mail con carattere di urgenza, non abbiamo la possibilità di confrontarci. Per il resto – conclude – tocca agire da soli e se ci ammaliamo o ci fermiamo, così come vuole la nuova normativa determinata dalla situazione d’emergenza, veniamo semplicemente sostituiti: siamo diventati pezzi intercambiabili di un ingranaggio, altro che eroi”.
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