"Non dipende da noi": la surreale fila alle Poste, dove il numero "eliminacode" viene assegnato dopo la coda
Premessa fondamentale: la soluzione c’è, anzi ci sarebbe, ed è la prenotazione con l’app. Si arriva, si viene osservati con sguardi di sfida dei clienti in fila, si entra, si fa l’operazione e si esce. Niente coda, risparmio di tempo e meno stress.
Ma per chi non ha così dimestichezza con la tecnologia, la fila alle Poste in pandemia è diventata surreale. Anche a Foggia. E nonostante i tentativi, le proposte, le auto-organizzazioni, non mancano momenti di frizioni e tensioni, oltre a disagi per le persone.
LA FILA. Il primo e più surreale elemento è l’eliminacode: prima del Covid, si arrivava all’ufficio postale, si prendeva il numero e, in base all’attesa stimata, si potevano nel frattempo compiere altre commissioni. In caso di rientro tardivo alle Poste (esempio: avevo il numero A25 e quando torno all’ufficio sono già arrivati al 30 e mi hanno superato), si accettava serenamente e si prendeva un altro biglietto per un’altra fila. Ora, invece, l’eliminacode non c’è anzi, peggio: dopo aver rispettato la fila (con la consueta domanda che si faceva dal medico: ‘’Chi è l’ultimo?’’), ecco che solo all’ingresso dell’ufficio postale si può stampare il proprio ticket per raggiungere poi la cassa e fare le proprie operazioni. Qual è il senso? Nessuno. Eppure si potrebbe optare, come già avvenuto per i supermercati in tempo di lockdown, a un eliminacode esterno. Ridurrebbe i tempi di attesa, permettendo nel frattempo di fare altro o, semplicemente, farebbe calare il rischio di tensioni fra gente in fila, acuite dalle temperature, e ridurrebbe anche la difficoltà per persone anziane o con problematiche fisiche di dover sostare in piedi, pena la perdita del posto. Senza contare che spesso, soprattutto nei momenti più "caldi" a ridosso di scadenze di pagamenti, si formano lunghe code con annessa assenza di distanziamento sociale.
LE RISPOSTE. Ma c’è una cosa ancor più surreale dell’assenza dell’eliminacode: è la risposta dei dipendenti delle Poste, gli ultimi dei quali – da testimonianza diretta – nella sede di piazza Battisti (di fianco al teatro Giordano): “Non dipende da noi”. Ma come, dipendenti delle Poste con responsabilità relative alla gestione del denaro e che quotidianamente sono costretti a fronteggiare centinaia di persone con le richieste più astruse, non possono ‘convincere’ l’azienda? E ancor più affascinante, l’ultimissima risposta ricevuta: “Abbiamo fatto richiesta alla sede centrale, stanno valutando”. Avvisate le Poste Italiane: da marzo 2020 c’è una pandemia…
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