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Ci sono precari e precari: esclusi dal “Cura Italia” gli stagionali degli aeroporti

Tra i lavoratori dimenticati tanti pugliesi e foggiani

Il Governo non esclude nessuno. Tranne qualcuno. È la sintesi di quanto sta accadendo ai lavoratori aeroportuali stagionali: al momento, decreto “Cura Italia” alla mano, restano esclusi da qualsivoglia sostegno economico e strutturale. Eppure, anche loro, sono precari del turismo.

ANCHE I LAVORATORI DI ADP. A farlo sapere un po’ in tutta Italia è il gruppo Lavoratori Aeroportuali Stagionali, con tanto di pagina Facebook nata di recente e tran-tran nelle principali chat online. Dai lavoratori di Capodichino, in pratica, è partita una protesta che, in questi ultimi giorni, sta inglobando tutti quei precari degli aeroporti italiani esclusi dai provvedimenti statali emanati sino a questo momento. Tra questi, naturalmente, anche i lavoratori che hanno prestato servizio per Aeroporti di Puglia, compresi alcuni foggiani rimasti letteralmente appiedati – metafora, in questo caso, tutt’altro che casuale.

“NON OPERANO SOLO IN ALBERGHI E RISTORANTI”. “I lavoratori con contratto stagionale legato al turismo – si legge nel comunicato di base lanciato in rete – non operano soltanto negli alberghi e nei ristoranti, ma anche nei trasporti, nei servizi e nel commercio. Crediamo sia opportuno, pertanto, che anzitutto l’Inps permetta a tutti di poter accedere al bonus di 600 euro previsto dal decreto Cura Italia senza distinzione di codice Ateco (tipologia di attività economica e lavorativa, ndr), per poter poi valutare la creazione di una forma assistenziale e di sostegno come il prolungamento della Naspi (l’indennità mensile di disoccupazione statale, ndr)”.

QUALI SPERANZE?. Se da aprile – come da comunicato ufficiale – anche per i dipendenti di Aeroporti di Puglia, al pari degli altri aeroporti italiani, si apre la procedura della cassa integrazione straordinaria, non lo stesso avverrà per i lavoratori aeroportuali stagionali foggiani e pugliesi. Con il contratto sul Monte Ore Garantito scaduto al 15 marzo, di fatto, i precari degli aeroporti sono rimasti privi “di alcuna offerta di sostegno da parte del Governo. Da decenni – si legge ancora nel comunicato – lavoriamo per circa 6/7 mesi all’anno e abbiamo fatto di questa modalità di lavoro la nostra vita, nonostante la precarietà. La diffusione del Coronavirus ci ha messi di fronte all’impossibilità di lavorare per un periodo indefinito, quali speranze abbiamo noi di tornare a una vita lavorativa regolare?”.

PRECARI E PRECARI, LA LETTERA DEI SINDACATI. Ciò che si contesta, in definitiva, è che vi siano precari sostenuti e precari dimenticati. Peraltro, presenti all’interno dello stesso comparto economico-lavorativo: quello del turismo. Nella giornata odierna del 2 aprile, va detto, le principali sigle sindacali si sono interessate al caso degli aeroportuali, chiedendo l’inserimento, appunto, di quei “codici Ateco” al momento esclusi – una richiesta che riguarda anche altre categorie, bisogna precisare, come i lavoratori dei centri termali. I sindacati, infatti, hanno inviato una lettera alla Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo che, in sostanza, ricalca il grido di aiuto lanciato dai Lavoratori Aeroportuali Stagionali. Se il turismo è un comparto essenziale per l’economia italiana – solo per la Puglia vale 6 miliardi ogni anno, secondo dati forniti da AdP – allora devono essere tutelati anche quei lavoratori che lo hanno sostenuto negli ultimi anni, nonostante la volatilità dei loro contratti di lavoro.

di Alessandro Galano


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