Nel primo 25 aprile da leghista, Landella stecca: “Liberazione dai bombardamenti”
La gaffe (o malafede politica) a mezzo stampa (e social)
Avanti, ripetiamo insieme: il 25 aprile celebra la Liberazione nazionale dai nazisti e dai fascisti. Daccapo: il 25 aprile celebra la liberazione nazionale dai nazisti e dai fascisti. Un’altra volta, che non fa male: il 25 aprile celebra la liberazione nazionale dai nazisti e dai fascisti.
CELEBRA E NON CELEBRA. Si perdoni la tautologia, ma evidentemente al Primo Cittadino di Foggia, Franco Landella, deve essere sfuggito qualcosa nella ricorrenza odierna. Mentre celebrava dal vivo in Piazza Italia i caduti antifascisti, insieme con i partigiani locali, il Sindaco ha inviato una nota stampa, ribadita sui propri social, nella quale manca qualsiasi riferimento all’abominio fascista e nazista. "Oggi l'Italia festeggia il 25 aprile e la sua liberazione dalla seconda guerra mondiale. Anche Foggia – si legge nella nota – ricorda questa data come un momento di liberazione dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Spero che l'anniversario che celebriamo oggi possa rappresentare un momento di rinnovata unità e democrazia per il nostro Paese, nel rispetto delle idee di tutti."
“ARRENDERSI O PERIRE!”. Nel suo primo 25 aprile da leghista, Franco Landella celebra la fine della seconda guerra mondiale e “si dimentica” di sottolineare l’impegno dei combattenti e di tutti gli italiani che lottarono contro l’occupazione nazi-fascista: l’essenza della ricorrenza, in pratica. È bene ricordare che il 25 aprile del 1945 i partigiani italiani proclamarono una parola d’ordine ben precisa: “arrendersi o perire!”. Da quel giorno partì la riconquista delle principali città italiane: furono liberate Genova, Bologna, Venezia e altre. Ad arrendersi, o a dover perire, dovevano essere i fascisti e i nazisti: non a caso fu dichiarata la condanna a morte dei gerarchi e di Mussolini. Il 25 aprile del 1945 non terminò la seconda guerra mondiale, ma l’oppressione ventennale fascista.
“SCONFITTA DEL NAZIFASCISMO”. Ignoranza, dunque? O semplice calcolo (cioè malafede) politico? Sebbene le due cose spesso vadano a braccetto quando si parla di Lega – è pur sempre il partito di Borghezio – in questo caso Landella dimostra di propendere goffamente per la seconda ipotesi. Basta cercare a caso su google e prendere una sua dichiarazione, sempre da Sindaco, datata 2017, in cui la “Festa di Liberazione è per l’Italia una ricorrenza che rappresenta il cuore della nostra democrazia. Un richiamo ai nostri valori più profondi, a quella sconfitta del nazifascismo che ha condotto e traghettato il nostro Paese verso la libertà.” E ancora: “un’occasione per recuperare quella memoria, per tenerla viva e difenderla, rinnovandone un significato che non va consegnato alla retorica, ma che va attualizzato e reso ancor più forte nel tempo presente”.
LA LEZIONE LA SAPEVA. Insomma, la lezione Landella la sapeva. Anzi, la sa. Così come sa che si parla di memoria: quella dei morti a causa dell’abominio nazi-fascista. Quegli stessi morti grazie ai quali oggi, ad esempio, è possibile votare un tizio del Sud dentro un partito secessionista del Nord (che fino a ieri odiava il Sud). E allora perché, nella sua prima celebrazione da uomo di Salvini (da sempre “dubbioso” sul 25 aprile), ha evitato accuratamente ogni riferimento a fascismo e nazismo? È come andare al compleanno di qualcuno e fare gli auguri all’amico del festeggiato: un tipo a posto anche quello, certo, ma non è che poi l’altro si offende? Non è un po’ ineducato presentarsi con tanto di corona di fiori a casa del celebrato senza fargli gli auguri? Non è, come dire, un po’ indegno?
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