Mafia e usura, la Cassazione annulla 8 assoluzioni: torna a processo anche Vito Bruno Lanza
La Fondazione Buon Samaritano si è costituita parte civile
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Bari che nel 2019 aveva assolto otto persone accusate a vario titolo di usura, estorsione, frode con l’aggravante dell’associazione mafiosa. La decisione aveva ribaltato le condanne emesse in primo grado.
NUOVO PROCESSO. Il giudizio dei boss Vito Bruno Lanza e Cesare Antoniello, nonché di Pasquale Di Mattia, Luigia Lanza, Michele Carella, Teodosio Pafundi, Alessandro Carniola e Walter Cocozza è stato rinviato a un’altra sezione dell’organo di secondo grado. Contro l’assoluzione aveva presentato ricorso la Procura generale di Bari per violazione, inosservanza ed errata applicazione della legge e per mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, rappresentando nella propria impugnazione che l’avvalersi della facoltà di non rispondere in istruttoria dibattimentale e la parziale ritrattazione di importanti testi dell’accusa (che avevano reso dichiarazioni accusatorie durante le indagini preliminari) erano sintomatici di particolari pressioni o minacce avvenute nei loro confronti.
PARTE CIVILE. Soddisfazione da parte della Fondazione Antiusura Buon Samaritano, di Foggia che, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Rando, non ha esitato a costituirsi parte civile, anche in Cassazione, come avvenuto nei precedenti gradi di giudizio. L’obiettivo della fondazione è quello di far valere le ragioni e tutelare chi è vittima di usura, violenza ed intimidazioni, al fine di sancire il primato di un diritto costituzionale, la dignità dell’essere umano nella sua dimensione sociale. Non è un caso – scrivono in una nota - che il nome popolare dell’usura sia “strozzinaggio”: l’usura svuota, depreda, soffoca, è un cappio che all’inizio sembra essere largo ed innocuo e che progressivamente si stringe.
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