Le batterie, l'espansione in altre regioni e il nuovo modus operandi: la mafia foggiana nella relazione della DIA
Un’attenzione
particolare per le possibili dinamiche evolutive merita il contesto foggiano, dove operano le tre storiche organizzazioni della Società foggiana, della mafia
garganica e della delinquenza cerignolana. E' quanto emerge dalla relazione del Ministro dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, relativa al secondo semestre del 2020. La Provincia di Foggia, pertanto, continua a essere al centro dell'attenzione e nel dettagliato report emerge un quadro preocupante. Ecco il primo di una serie di focus ed estratti della relazione che pubblicheremo nell'ambito della provincia di Foggia.
LE ORGANIZZAZIONI. Il fenomeno mafioso in Capitanata - si legge nella relazione - continua ad essere segnato dalla presenza delle tre distinte articolazioni quali: la società foggiana, la mafia garganica e la malavita cerignolana. Si tratta
di espressioni criminali diverse tra loro che, nel tempo, hanno saputo interagire realizzando
modelli strutturali omogenei per molti dei gruppi criminali che vi afferiscono. Risultati investigativi e di analisi fanno presupporre come il quadro criminale della provincia foggiana,
articolato in diverse aree (capoluogo di provincia, Gargano, alto e basso Tavoliere), converga
verso un riassetto seppur precario volto a metabolizzare le attività di contrasto della Magistratura e delle Forze di Polizia.
NUOVI MODUS OPERANDI. Le incisive risposte della “Squadra Stato” - rimarca il report - infatti hanno segnato
profondamente la struttura criminale dei clan che, privi dei rispettivi vertici e fortemente destabilizzati sia sul piano operativo che decisionale, potrebbero tentare una silente rimodulazione attraverso nuovi modus operandi. Elementi a sostegno di questa chiave di lettura si possono desumere dalla posizione di centralità assunta dalla società foggiana che anche nel periodo
di riferimento conclamerebbe la sua progressiva espansione nei territori della provincia ma
anche oltre confine verso regioni come l’Emilia Romagna, l’Abruzzo e il Molise.
LE BATTERIE. Il processo
espansionistico si sarebbe principalmente concretizzato attraverso il potenziamento del ruolo
delle batterie, un vero e proprio motore operativo dell’organizzazione mafiosa che partendo
da un comune epicentro fondante si sono espanse sempre più verso l’esterno. Attraverso un
controllo magmatico del territorio la mafia del capoluogo tenderebbe a superare forme di instabilità e conflittualità per protendere verso nuovi assetti organizzativi più consolidati e fondati su strategie condivise. Infatti, a fasi di turbolenza che hanno dato il via a scontri armati tra le tre batterie hanno fatto
puntualmente seguito la mirata ricerca e il contestuale recupero della coesione interna in un
andamento altalenante teso alla elaborazione di più efficienti modelli organizzativi capaci di
governare la complessità del processo espansionistico. La sinergia tra i clan funzionale alla
pianificazione e gestione delle attività illecite, nonché alla condivisione degli interessi economico-criminali si tradurrebbe nella riproduzione di canoni strutturali assimilabili a quelli della ‘ndrangheta con modalità di intervento particolarmente forti e insidiose al punto da
realizzare ramificate commistioni con il tessuto connettivo sociale ed economico.
UN SOGGETTO CAMALEONTICO. Gli atti di
indagini del semestre, infatti, hanno evidenziato e confermato come la società foggiana sia un
“soggetto camaleontico” capace di rispondere alle azioni repressive dello Stato con una diversa
fisionomia che ne mimetizza i caratteri originari avvalendosi di quell’area grigia costituita da
imprenditori, professionisti e appartenenti alle istituzioni compiacenti o contigui ai clan. In tal
senso si era già espresso il Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, nel corso dell’intervento tenuto presso l’Università di Foggia il 27 gennaio 2020 ma anche più
recentemente in occasione della conferenza stampa del 16 novembre 2020 relativa all’inchiesta “Decimabis”96. “La società foggiana è divenuta il primo nemico dello
Stato”: queste sono state le parole forti del Procuratore Nazionale nel commentare gli esiti processuali dell’indagine che hanno sottolineato la significativa vocazione imprenditoriale della
criminalità foggiana la quale pur fedele alla tradizione mafiosa di cui si nutre è stata capace
di aprirsi alla modernità orientandosi verso un più evoluto modello di “mafia degli affari”.
IL CONTROLLO DEL TERRITORIO. E
ancora il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Roberto Rossi, ha affermato
che “…tutti gli organi istituzionali (dal CSM al Parlamento) riconoscono la terribile pericolosità di
questa mafia. Non solo per la capacità militare, ma soprattutto per la capacità di controllo del territorio
e di infiltrazione nel tessuto economico politico. In altre parole, un controllo assoluto del territorio.
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