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Al Teatro della Polvere, Mimmo Padrone è l’Uomo Partita: “l’ultimo romantico del calcio, l’arbitro”

In anteprima nazionale

“Trovare la forza quando le cose non vanno bene, quando si sbaglia e si resta soli. Così è l’arbitro, così è anche l’attore”. Ecco l’ispirazione: Mimmo Padrone, unico attore in scena e regista de “l’Uomo Partita”, lo spettacolo che andrà in scena sabato 3 e domenica 4 dicembre (ore 21) sul palco del Teatro della Polvere di Foggia, prodotto in collaborazione con la compagnia foggiana e con il sostegno di Trac - Teatri di residenza artistica contemporanea.

IL MONOLOGO, LO SFOGO. Un’anteprima assoluta, tratta dal libro “Litania di un arbitro” di Thomas Brussig (traduzione di Elvira Grassi e Nikola Harsch), inserito nel cartellone di eventi del ‘Foggia Festival Sport Story 2022’, in programma dal 2 al 15 dicembre. Un monologo, di fatto, in cui si rappresenta lo sfogo di un arbitro che - chiuso nel suo spogliatoio - si lascia andare a riflessioni e rivelazioni su una “partita” che non riguarda più solo due squadre in campo, ma molto di più: le tifoserie, la comunicazione e il detonatore costituito dai mass media.

IRONICO E AMARO. “Ci sono state varie stesure – racconta Padrone – partendo da quello che era un testo di narrativa. Ho lavorato eliminando, asciugando, arrivando così all’osso della storia. Dopo aver ottenuto i diritti per produrre lo spettacolo, a causa della pandemia il progetto si è dovuto fermare e solo lo scorso anno sono riuscito a riprenderlo: all’autore è piaciuto da subito, anche più della produzione teatrale realizzata in Germania, a suo dire troppo comica. L’Uomo partita – ha spiegato l’attore – è un testo senza dubbio ironico ma anche amaro”.

ULTIMO GRANDE RITO. “Errare humanum est”: da questa frase nasce ‘l’Uomo Partita’. Il significato è chiaro: errare è parte della natura umana ma non può essere un’attenuante di responsabilità per uno sbaglio. Una storia di calcio come metafora di vita, quindi, con lo sfondo di una tragedia. L’uomo Partita è un’accusa sommessa, un soliloquio alterato, pieno di lucido distacco dalle pochezze di uno sport che non può non essere metafora di qualcosa. “Pasolini diceva che il calcio è l’ultimo grande rito dei nostri tempi – aggiunge l’attore – ma è qualcosa che oggi ha perso tanto del suo fascino. L’arbitro è forse l’ultima vera figura romantica di questo sport, colui che può realmente cambiare le cose durante una partita, cambiare il gioco”.

L’ATTORE. Mimmo Padrone nel 2006 si diploma alla ‘Scuola di Teatro di Bologna’ diretta da Alessandra Galante Garrone. Si forma teatralmente affrontando autori come Molière, Čechov, Shakespeare, Goldoni, Marivaux, Karl Valentin, con la guida di diversi maestri come la stessa Alessandra Galante Garrone, Vittorio Franceschi, Walter Pagliaro e il clown francese Pierre Byland. Fa il suo esordio a teatro nel 2005 all’Arena del Sole di Bologna e fino ad oggi collabora con molte compagnie e teatri a livello nazionale diretto da diversi registi della scena italiana come, tra gli altri, Roberto Guicciardini, Lorenzo Salveti, Massimo Venturiello, Luca De Fusco. Nel 2016 al ‘Plautus Festival’ riceve il ‘Premio Plauto’, come miglior attore non protagonista (info: Teatro della Polvere 351.5400172).

di Redazione 


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