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Andrea Pazienza, “colui che tutto ha visto e tutto ha previsto”: Tony di Corcia e il suo nuovo libro su “Paz”

Lunedì 25 giugno si presenta in Piazza Giordano, ecco l’intervista all’autore

“Donna è la mia ragazza, donna è mia madre e ti dico che riposare una testa sconvolta in un grembo conosciuto e amato è quanto di più bello sia dato da vivere a un uomo. La femmina è meravigliosa”. Ecco “Paz”, genio cresciuto nella città di San Severo, nella casa all’ultimo piano che guarda dritto al Gargano, alla sua San Menaio, inesauribile fonte di ispirazione. Fumettista, disegnatore, pittore, artista di bruciante talento morto a soli trentadue anni, nel 1988, e raccontato, in questo nuovo libro a firma di Tony di Corcia, attraverso la viva voce delle donne che lo hanno amato, “vissuto” e conosciuto: la madre, la sorella, gli amori, le amiche.

L'INTERVISTA. Il giornalista e autore, lunedì 25 giugno, alle ore 19, incontra il pubblico della sua città, in Piazza Giordano, per un nuovo appuntamento di Libri & Dialoghi, rassegna a cura di Ubik e Assessorato alla Cultura. Dopo diverse biografie dedicate alle più importanti personalità del mondo della moda, passando per la parentesi d’amore e poesia tra Alda Merini e Michele Pierri, Tony di Corcia racconta Andrea Pazienza nel suo “La femmina è meravigliosa”, pubblicato da Cairo. In questa intervista, alcuni spunti in merito a questo suo ultimo, interessante lavoro editoriale.
Nei tuoi precedenti libri hai scandagliato il mondo della moda, in più di un’occasione, e quello della poesia. Adesso, l’arte. A guidare la tua ispirazione è il personaggio e il fascino che porta con sé, indipendentemente dal suo contesto? Oppure c’è un percorso “nascosto” e coerente che da Versace ti ha portato sino ad Andrea Pazienza?
Il fascino del personaggio è un elemento indispensabile, non riuscirei mai a scrivere di qualcuno che non “sento”. Mi attirano i personaggi che, proprio come un prisma, sono capaci di produrre tanta luce, mille riflessi, ma anche tante ombre. E mi piacciono le figure che hanno saputo contagiare con la loro personalità ciò che hanno realizzato come artisti, rendendo difficile stabilire il confine che separa la persona dal personaggio. Se sussistono questi requisiti, non mi importa che si tratti di uno stilista o di una poetessa: ciò che conta è che posso scandagliare un animo complesso, magari complicato, e indagarne qualche aspetto inedito. Le biografie, per rubare parole dai versi di Majakovskij, sono una “fabbrica delle resurrezioni umane”: un compito affascinante, ma delicatissimo. Pertanto, cerco di immergermi nell’universo del protagonista studiandone l’intera produzione, leggendo qualsiasi cosa lo riguardi, ma poi cerco di allontanarlo da me per trovare la giusta distanza per osservarlo: il rischio più frequente per chi scrive una biografia è quello di realizzare un’agiografia. Non so se ci possa essere un filo nascosto capace di accomunare i protagonisti delle mie biografie, sicuramente si tratta di spiriti che hanno saputo segnare il loro tempo e di entrare stabilmente nell’immaginario collettivo; posso, però, dire che mentre davo forma a questo libro su Andrea Pazienza riscontravo molte analogie con Gianni Versace: ambedue provenienti da un sud che avevano mitizzato attraverso il loro lavoro, ritenuti degli autentici geni, hanno creato degli universi creativi molto riconoscibili ancora oggi, e sono scomparsi giovani al culmine della loro carriera. Ma, come nel caso di Versace, non parlo quasi per niente della morte di Pazienza: è stato capace di regalarci talmente tanto colore, tanta vitalità, tanto divertimento, che accanirsi nella descrizione della sua morte mi sembrerebbe ingiusto e di pessimo gusto.
L’idea di far parlare le donne, dici nel libro, è stata dettata anzitutto dalla necessità di colmare un vuoto: Paz è stato sempre raccontato da uomini. Ma è solo questo il motivo? O lo sguardo femminile, nel caso di Andrea Pazienza in modo particolare, può dare qualcosa in più in termini di sensibilità narrativa?
Le donne sono capaci di ricordi più nobili, più teneri, più rispettosi. Noi maschi non usciamo mai veramente dagli spogliatoi della nostra adolescenza, e anche quando dobbiamo parlare di qualcuno che non c’è più non riusciamo a liberarci della competizione e della comparazione. Questo libro nasce da un’intervista che Isabella Damiani mi ha rilasciato esattamente dieci anni fa per celebrare il ventennale della morte di Paz su Viveur, un bellissimo freepress che purtroppo non esiste più e non per colpa mia o di chi ci scriveva con passione. Quando ho ritrovato quell’intervista ho pensato che sarebbe stato bello ricordare Pazienza affidando questo compito alle donne più determinanti della sua vita. E oggi sono molto contento che un editore importante come Cairo mi abbia permesso di realizzare questo libro che per angolazione, intenzioni, linguaggio mi sembra decisamente diverso da quelli pubblicati finora sull’artista.
La mamma Giuliana: com’è stato parlare con una personalità così forte e così indissolubilmente legata ad Andrea, così come scrivi nel libro?
Incontrare Giuliana Di Cretico è stata una delle esperienze più emozionanti della mia carriera: è stata una lezione di dignità, di amore, di rimpianto, di nostalgia, ma anche di fierezza, di orgoglio, di entusiasmo. È stata la prima donna che ho intervistato per il libro, e non poteva essere altrimenti: non è soltanto colei che gli ha dato la vita, ma anche la persona che per prima ne ha intuito il talento, il carattere, ha seguito i suoi voli e le sue cadute, senza fargli mai mancare sostegno autentico, incoraggiamento, comprensione. È una donna straordinaria, con un’apertura mentale e una visione della vita che mi hanno lasciato incantato. Ha vissuto questi trent’anni senza suo figlio “amaramente bene”, come dice lei stessa citando parole di Andrea, e non ha mai smesso di farlo conoscere e amare anche da chi, magari, non era ancora nato quando lui se ne è andato. Mi ha fatto entrare nella sua casa, ma anche nell’atmosfera giusta per iniziare il mio percorso di ricerca. Le sono infinitamente grato per la disponibilità e la fiducia che mi ha riservato, e il mio libro si apre e si chiude con le sue parole.
Delle altre donne coinvolte, esclusa Giuliana, quale quella che ti ha sorpreso di più o che ti ha spiazzato con il suo racconto di Paz?
Non saprei come rispondere, perché tutte mi hanno svelato qualche aspetto o qualche episodio poco conosciuti o totalmente inediti. Sua madre Giuliana e sua sorella Mariella mi hanno fatto scoprire l’Andrea che anche in casa brillava con la sua personalità e la sua originalità. Sua moglie Marina Comandini mi ha raccontato quanto vivere accanto a lui fosse come vivere nella migliore delle sue storie. Fulvia Serra mi ha descritto il suo primo ingresso nella redazione di Linus, alla vigilia del suo folgorante esordio con Pentothal. Betta Pellerano, a cui è stato legato negli anni bolognesi e che compare in molte sue opere, mi ha sorpreso facendo un’eccezione alla sua riservatezza e accettando di ripercorrere gli anni accanto a Pazienza: ecco, lei è stata un’autentica sorpresa perché sognavo di contattarla ma era quasi impossibile reperirla perché non è sui social, non è nell’elenco telefonico, insomma, si concede il massimo lusso in tempi di eccessiva esposizione del sé. Invece, una mattina cercavo l’artista Marcello Jori (la cui voce è una delle rare eccezioni maschili del libro insieme al regista Renato de Maria) e mi ha risposto lei: una sorpresa, uno splendido dono.
Ci sarà stato sicuramente qualcosa che non è entrato nel libro: una considerazione, una sensazione, un aneddoto, una foto. Vuoi dircene qualcuna che comunque ti ha colpito?
Una donna delle donne intervistate mi ha raccontato un episodio bellissimo, degno di un film, di una straziante storia d’amore, incredibile e suggestivo, ma mi ha pregato di non scriverlo. Qualcuno, al posto mio, si sarebbe giocato questa carta incredibilmente affascinante. Io ho preferito rispettare la fiducia che si era instaurata tra noi e custodisco questo segreto dentro di me. È una piccola perla, preziosissima, ma una promessa vale molto più di qualche copia venduta o di uno scoop.
Sei stato nei luoghi frequentati dall’artista e hai parlato con chi lo ha “vissuto”: che cosa ti ha lasciato questa esperienza, soprattutto dal punto di vista umano?
Devo citare nuovamente sua madre, Giuliana Di Cretico. Quando l’ho raggiunta nella sua casa di San Severo mi ha fatto vedere lettere, disegni, oggetti personali, la stanza di Andrea. Io non glielo avrei mai chiesto, è stata lei a farmi vedere queste cose che magari erano state disegnate o scritte quando Pazienza era un bambino. Ecco, la sensazione che mi ha lasciato questa esperienza unita alla passione con cui questa donna tiene in vita il ricordo di suo figlio è che Andrea Pazienza non sia mai morto, e che quella notte del 1988 abbia deciso di tornarsene a casa sua a San Severo. Quella sera sembrava che lui fosse in giro con qualche amico o a fare commissioni, e che sarebbe tornato per cena. È stato molto commovente percepirlo così presente, così vicino, così vivo.
Isabella Damiani, il suo primo amore nella garganica San Menaio, parla di un Paz genio vitale e, al contempo, dall’animo malinconico. Cosa resta di lui, alla fine, dopo averlo raccontato attraverso tutte queste voci: la straordinaria vitalità della sua arte o quello “spleen” interiore che non l’ha mai abbandonato?
Resta questa complessità, questa mutevolezza che nella sua arte si traducevano in una versatilità estrema, mentre nel privato portava ad alternare stati d’animo anche inconciliabili. Me lo hanno descritto capace di profonde malinconie e di entusiasmi straripanti, di comportamenti teatrali e di silenzi impenetrabili. Sarà che sono dei Gemelli anch’io, ma l’ho sentito molto vicino in questo. Considerazioni astrologiche a parte, credo che di Andrea Pazienza resterà la sua visione caleidoscopica che tutto ha visto e tutto ha previsto, la sua capacità di mescolare linguaggio alto e basso, di conciliare amarezza e ironia. Il suo è stato un messaggio così sfaccettato e composito da risultare ancora freschissimo, attuale, indimenticabile. Proprio come lui.

contenuto sponsorizzato

di Alessandro Galano


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