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L’ambizione di “sfidare un panorama” dando vita a un poeta: l’esordio del foggiano Giammarco di Biase

La silloge “S’aggrinza un astro” protagonista in Biblioteca

“Tu per me istinto di mani / Nell’etere che sottile / Aggrinza un astro”. I versi di pagina 22, l’incipit, dicono già molto della poetica di Giammarco di Biase, giovane autore foggiano alla sua prima silloge, atteso martedì 13 giugno alle ore 18 in Biblioteca di Foggia per la presentazione in anteprima assoluta nella sua città (spin-off della rassegna “Fuori i Poeti” a cura di Ubik e La Magna Capitana).

IL PADRE. D’altronde il titolo è “S’aggrinza un astro” (Ensemble editore, 2023), raccolta di versi fresca di pubblicazione, e le parole, tornando a pagina 22 e citando Carlo Levi, sono (già) pietre. Le “mani”, tanto per cominciare: ricorrono nel libro, si inseguono, dicono “cose di stagione” (pag. 23) oppure, qualche volta, si fanno tramite tra il figlio e il padre – “Pelle di mano / Adesso che mi sfiori / Vengo dal tuo aldilà” (pag. 24). E quello paterno è senza dubbio un tema centrale nella poesia del poeta ventinovenne: la sua scomparsa è nostalgica e personale come tutte le scomparse ma è anche chiave che schiude all’universale, la Grande Porta verso cui anela qualsiasi poeta. Ed ecco che “all’Era mio padre / E con lui / Erano dischi accesi / Nella Tramontana / Le domeniche d’inverno” che apre l’accorata poesia di pagina 21 fa da contraltare la ricerca di Dio – parola che torna spesso, anche come Cristo, nella raccolta – che principia la seconda parte della silloge, in cui Dio, appunto, “sa l’amore / Dei dirupi come suo figlio / Il pianto dei compleanni”.

SFIDARE IL PANORAMA. Una seconda sezione di tre, dunque, stando alla tripartizione dell’opera – Comparse, Protagonisti, Controfigure – la quale accoglie anche la tematica amorosa, talora come speranza (“Fa’ che chiudere gli occhi / Sia il nostro canto”), talaltra come certezza o quasi (“Quando esistere / Significò d’un tratto / Amarsi senza memoria”). Versi che si accendono a metà viaggio – s’aggrinzano, è il caso di dire: sfidano l’etere di cui sopra, ci provano – avvampando attorno a una simbologia nota – gli angeli, il sole, la natività, persino la grotta (di Dio s’è già detto), ma anche il nucleo, le stelle e, appunto, gli astri. Un panorama sfidato, si potrebbe dire, con tutta l’ambizione cieca dei vent’anni dove, pagina 36, “Tutto viene visto / Nei vetri immensi / Del gioco”. Anche se gioco non è.

“SE OGNI VITA E’ UN ABBANDONO”. Fino all’ultima parte: requie, si potrebbe sottotitolare. Requie o quasi, in cui il verso si asciuga – questa, forse, la direzione verso cui andare – e trova ristoro in alcuni infiniti verbali che, in ogni poesia, in ogni poeta, non sono mai casuali. “Se ogni vita è un abbandono / Chiudere gli occhi / Al centro di un vuoto” principia Giammarco di Biase a pagina 51 – “Cerchiare” e “Restituire” sono altri infiniti che compaiono nella medesima poesia, tra le migliori – ricordando con questo suo componimento quel “Se ogni giorno cade dentro ogni notte / C'è un pozzo dove la chiarità è rinchiusa” di nerudiana memoria (poeta semplice, poeta enorme) – ma l’abbandono alla vita, a quel che è nonostante noi e nonostante essa, è il topos per antonomasia di chi scrive e va a capo.

SCUOLA FOGGIANA. Ad ambasciare il talento del giovane scrittore foggiano, va segnalato, è la scrittrice Elisa Ruotolo: poetessa prima ancora che autrice di romanzi molto amati (e tradotti) che, nella sua prefazione all’opera, sottolinea quel “Tutto” poetico in cui “amerete sostare”, quel “Tutto” in cui “amerete tornare”. A fare, infine, da introduttore a Giammarco di Biase in occasione della sua “prima” sarà un altro poeta di Foggia, Antonio Bux, autore riconosciuto a livello nazionale – semifinalista al Premio Strega Poeti – che deve aver fiutato lo spirito affine del collega più giovane. E chissà che non sia nata una scuola foggiana.

di Alessandro Galano


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