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C’è bellezza nel ghetto di Borgo Mezzanone: “Dar Assalam”, un collettivo per la comunità

Prima riunione nel presidio situato nella “Pista”

Si chiama Dar Assalam, significa Casa della Pace. E tanto basterebbe, forse, per rendere l’idea di un presidio di legalità e cultura situato nel cuore de “La Pista”, il ghetto di Borgo Mezzanone. Un collettivo di uomini e donne, italiani e stranieri, che nella giornata di lunedì 22 luglio ha inaugurato il proprio nuovissimo spazio, ospitando una riunione della CGIL – sindacato già promotore del presidio sin dalla sua nascita.

UNA STRUTTURA VERA. Dalle primissime e temerarie riunioni che fino a qualche mese fa si tenevano in uno stretto vicolo della Pista, alla realizzazione di una piccola ma decisiva struttura entro la quale discutere, incontrarsi, orientare scelte e aiutare persone in difficoltà. Dar Assalam si occupa di questo, della comunità di migranti residenti nel borgo che nei periodi cosiddetti “stagionali”, quando cioè i cicli agricoli sono più intensi, raggiunge quasi le cinquemila unità – di contro alle mille dei mesi in cui c’è meno lavoro nei campi. Un punto di riferimento ormai riconosciuto, fisico e ideale, autodeterminato si potrebbe dire, in considerazione della sua costruzione avvenuta spontaneamente su iniziativa dei migranti: mattone dopo mattone, letteralmente.

LA BELLEZZA NEL GHETTO. Importante, poi, anche il contributo di alcuni giovanissimi attivisti che hanno visto crescere Dar Assalam, a loro volta crescendo in sintonia con questa esperienza umana e sociale. A sottolinearlo è Emanuela Grilli, laureanda foggiana in architettura che contribuisce a rendere il presidio un posto sempre vivo e, perché no, più bello. “Il luogo in cui si vive – ha spiegato – influenza lo stato d’animo. Vivere nei container, tra muri grigi, privi di qualsiasi forma di abbellimento, incide psicologicamente sulle persone, intacca la loro speranza, li rende passivi, li spersonalizza. Il collettivo prova a dare un contributo anche in questo senso, non solo negli aspetti più pratici: nello specifico, io provo a far scoprire loro il bello, invitandoli a cercarlo sempre, tanto nella Pista quanto fuori”.

TESI DI LAUREA E RICERCA. Piccoli interventi di “tactical urbanism”, come si dice in architettura, in grado di favorire l’abitabilità di un luogo generalmente considerato ostile, anche attraverso la semplice ridipintura delle pareti o la piantumazione di aiuole. Non è un caso che la tesi di laurea sulla quale sta lavorando la giovane studentessa foggiana si intitoli proprio “Dar Assalam”, con un sottotitolo ancora più emblematico: “l’identità dei luoghi di accoglienza”. E ancora meno casuale è il fatto che sono ormai molti gli studiosi e ricercatori – perlopiù in campo sociologico – che frequentano La Pista e, in modo particolare, il collettivo Dar Assalam, ciascuno fornendo il proprio contributo in termini di idee, praticità e senso di umanità. A loro, poi, si aggiunge il prezioso lavoro della CGIL: documenti, domande di impiego, mezzi di sussistenza, ma anche sensibilizzazione nella lotta alle mafie e al caporalato – che purtroppo fa della Pista una base di reclutamento.

LA CASA DELLA PACE. Nel presidio ci si riunisce, si prendono decisioni importanti su temi cruciali quali ad esempio lo smaltimento dei rifiuti, la pulizia, il lavoro. È qui che si promuovono incontri con le istituzioni ed è sempre da qui che gli stessi migranti residenti si attivano con le autorità quando si accorgono che c’è qualcosa che non va, se ci sono situazioni che prestano il fianco a infiltrazioni criminali. A Dar Assalam l’intento è quello di promuovere percorsi di autonomia in grado di responsabilizzare chi vive nel ghetto, favorendone magari la definitiva fuoriuscita, senza però abbandonare chi è ancora in difficoltà: è l’esempio di alcuni migranti ormai fuori dalla Pista che continuano a frequentarla, partecipando alle attività del collettivo, dando una mano, aiutando gli altri. Mattone dopo mattone, si direbbe, proprio com’è stata tirata su la Casa della Pace.

di Alessandro Galano


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