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Dalla “linguaccia digitale” di Candelaro, un’idea neanche troppo pazza: e se colorassimo Foggia?

Il mosaico digitale di Oliviero Toscani come spunto per il futuro

La bellezza salverà il mondo, diceva il principe Miškin in un famoso romanzo. E se ci accontentassimo di salvare le periferie? O, meglio ancora, di salvare “queste” periferie? Già, perché il bambino di colore che fa la linguaccia al grigiore dei palazzi sbrecciati di Candelaro non è passato inosservato: un colpo d’occhio che cattura la vista, strappando persino un sorriso a chi vi passa davanti, in un quartiere di Foggia nel quale di solito si ride poco, pochissimo.

DAL MOSAICO DIGITALE DI TOSCANI. L’opera, d’altronde, porta la firma di Oliviero Toscani, famoso fotografo precettato da “Mosaico Digitale”, una start-up innovativa che, da Matera, capitale della cultura 2019, sta dando vita a sprazzi di “digital street art” nelle periferie di tutta Italia, compresa Foggia – quello comparso a Candelaro qualche giorno fa, nella sorpresa generale, è proprio un murales digitale. Ma la linguaccia di Toscani può non essere solo uno spunto isolato: il centro storico del capoluogo dauno è, urbanisticamente parlando, “accerchiato” da un’enorme periferia che, con la propria bruttezza, soffoca quanto di bello è ancora in piedi tra le vie più antiche della città, com’è noto spogliata della propria storia a causa di bombardamenti e calamità naturali. Bene, e se quella periferia diventasse proprio l’attrattiva principale di Foggia? Se cambiasse l’intero volto della città?

MEGLIO IL GRIGIORE O LA LINGUACCIA ROSSA?. Candelaro, Cep, Rione Diaz. Ordona Sud, Quartiere San Lorenzo, Borgo Croci Nord. Persino “Macchia Gialla” e Rione Martucci. Sacche residenziali nate in epoche diverse e tutte accomunate dalla medesima cupa impersonalità: una “distrazione” edilizia, talora selvaggia e in sfregio a qualsiasi piano regolatore che, va precisato, accomuna il 90% delle città italiane e non solo italiane – si prenda un comune-dormitorio a caso fuori dai Navigli milanesi, oppure una “torre” qualunque con vista Grande Raccordo della capitale. Ebbene, non tornerebbero a nascere con una manciata di colore? Non ritroverebbero una nuova vita se quei muri, quelle “piastre”, fossero affidati ai migliori street artist italiani e stranieri? Meglio il grigiore di Candelaro o la linguaccia rossa rossa di Toscani? Meglio i quattro palazzi del Cep o i “giganti” di Agostino Iacurci?

AGOSTINO IACURCI. Già, perché Foggia un “suo” street artist – e non solo “street” – ce l’ha eccome: Agostino Iacurci, foggiano di nascita, residente a Roma ma praticamente figlio del mondo proprio come tutti i grandi artisti, visto che le sue opere sono esposte un po’ ovunque, da Nuova Delhi a Parigi, da Colonia a Roma, da Milano a Mexico City – al pari del famoso street artist Banksy che, in questi giorni, sta attirando frotte di paganti al Mudec di Milano. Opere ammirate tanto nelle sale espositive quanto sulle pareti delle metropoli, proprio come gli enormi frutti mirabolanti che colorano il “Distrito Tec” della messicana Monterrey o, senza andare troppo lontano, i semi rigogliosi sbocciati nel 2018 sui muri milanesi per volere di Starbucks (nella foto, dal sito dell'artista). Colori, nient’altro che splendidi colori laddove manca persino l’aria pulita.

FOGGIA COME BUENOS AIRES. Foggia come Villa Urquiza, perché no? La sua periferia come il “barrio” estremo di Buenos Aires bombardato dalle dittature che, negli ultimi anni, è rinato a colpi di arte sui muri, tanto da entrare nelle guide turistiche internazionali, meta scelta al pari della Casa Rosada e di Plaza de Mayo. Bastano dei muri sporchi, neanche puliti, e un progetto urbanistico in grado di portare una riqualificazione che avrebbe ripercussioni sociali importanti: un laboratorio a cielo aperto affidato a Iacurci e colleghi, in modo organizzato, coordinato (chissà, magari proprio dal nostro Agostino), intercettando fondi utili (ve ne sono) e provando, per una volta, a fare scuola. I bambini di Candelaro a zonzo come sempre ma stavolta tra i colori: qualcuno tiene la testa in su qualche secondo in più degli altri, molla il pallone, si siede sul marciapiede. E vuoi vedere che qualcosa cambia?

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di Alessandro Galano


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