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Ghetto di Rignano, Leonardo Palmisano: “Intreccio stretto tra caporali, mafie e imprese”

Intervista al sociologo pugliese, autore dell'inchiesta “Ghetto Italia”

È guerra in Capitanata tra criminalità e società civile. Una situazione particolarmente grave nella città di San Severo, dove il sindaco Francesco Miglio ha chiesto e ottenuto dal Viminale un supporto di polizia di 60 unità in più, oltre alla richiesta di una sezione distaccata della DIA che, forse, potrebbe avverarsi in futuro (LEGGI). Al centro di tutto questo, pertanto, ci sarebbe lo sgombero del Gran Ghetto di Rignano, al quale avrebbe fatto seguito la risposta armata e intimidatoria nei confronti della polizia da parte della criminalità organizzata. Gli spari contro le vetture della polizia (LEGGI), avvenuti la notte del 4 marzo, a detta dello stesso Questore Piernicola Silvis potrebbero essere una “replica” all’azione di smantellamento di uno dei ghetti più popolosi della Penisola. Una tesi confermata anche da un importante studioso sul campo dei fenomeni migratori e, in modo particolare, del caporalato: Leonardo Palmisano.

I CAPORALI, I GHETTI, I SOLDI, LE IMPRESE: IL PARERE DI UN ESPERTO. Sociologo e attivista pugliese tra i più autorevoli in Italia, autore di un’inchiesta che ha fatto discutere, scritta con Yvan Sagnet ( il leader del primo sciopero dei braccianti stranieri in Italia, avvenuto nel 2011 nelle campagne leccesi) e dal titolo “Ghetto Italia” (Fandango), dove si denuncia l’agghiacciante connivenza tra caporalato, enti locali e aziende, Leonardo Palmisano ha risposto ad alcune domande in merito alla delicata situazione che sta riguardando la Capitanata, parlando di caporalato, ghetti, migranti e società civile.

L'INTERVISTA. Domanda: È recente la notizia dello smantellamento del cosiddetto “Gran Ghetto” di Rignano Garganico: ruspe e sgomberi forzati. La Regione ha disposto anche alcune strutture per accogliere, momentaneamente, i migranti. Come giudica questa azione?
Risposta: Lo sgombero non ha mai senso se non si è discusso con chi risiede nel ghetto. È evidente la necessità di costruire un sistema di alloggi diffuso dentro i centri abitati, non in luoghi isolati. Vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane.
D: Molti migranti sono rimasti lì, in attesa, dicono alcuni, di ricostruire e ripopolare il Ghetto perché, a detta degli stessi migranti, è possibile svolgere nelle vicinanze il lavoro nei campi. È realmente questo l’unico motivo per cui sono rimasti?
R: A garantire il lavoro sono i diversi caporali, più o meno grandi, presenti nel territorio. Se c’è ghetto, c’è caporalato. I caporali vogliono manodopera a portata di mano, facile da raggiungere e lontana da occhi indiscreti.
D: A qualche ora dallo smantellamento del Ghetto è arrivata anche un’azione criminale grave, con auto della polizia crivellate da colpi di pistola. Può esserci connessione tra i due avvenimenti? Quanto rischia di “perdere” in termini economici la malavita organizzata del territorio con la cancellazione di un ghetto come quello di Rignano?
R: La connessione pare essere reale, cosa che mi fa rabbrividire, perché significherebbe che siamo di fronte a un intreccio molto stretto tra imprese, mafie e caporali. Non è lo smantellamento del ghetto che sfavorisce la criminalità, ma lo smantellamento del caporalato e le sanzioni severe contro le tante imprese criminali del territorio.
D: Quale può essere l’incentivo giusto delle istituzioni affinché i migranti si convincano, quando non direttamente minacciati, a “boicottare” definitivamente la “logica del ghetto”? E quante responsabilità hanno, anche in questo frangente, le aziende del territorio?
R: Il primo passo è costruire un sistema di inclusione e di alloggio con i braccianti. Non siamo di fronte a semplici migranti, ma a lavoratori, dunque devono essere garantiti loro dei diritti, come quello alla casa e al trasporto. Le imprese devono garantire i contratti pieni e i sistemi di welfare previsti dai contratti stessi.
D: Secondo l’esperienza riportata nel libro Ghetto Italia, esistono situazioni simili a quelle di Rignano anche in altri luoghi della Penisola?
R: Come in Capitanata ne troviamo nel basso Lazio, in Calabria e in Lucania. Nelle altre regioni la situazione è più pulviscolare, meno densa, ma non meno feroce. Al Nord le imprese sono molto meglio organizzate, con sistemi criminali affidati a colletti bianchi di fama locale.
D: Qualcuno ha paragonato Ghetto di Rignano e Jungle francese di Calais: improprio?
R: Sono due cose diverse. Il Jungle è un luogo dove non ci sono lavoratori, ma persone che vogliono raggiungere l’Inghilterra. A Rignano sono braccianti. Il paragone non ha molto senso.
D: Si è parlato di legge contro il caporalato e di alberghi e strutture diffuse messe a disposizione dalle regioni. Ma realmente, quanto è stato fatto per risolvere il problema dei ghetti, in Italia?
R: Va fatto di più, senza tergiversare o creare finte aspettative. Bisogna parlare con la popolazione italiana per far capire a tutti che siamo di fronte a esseri umani che lavorano, non a parassiti. E va fatto al più presto, prima che inizi la nuova stagione.

di Alessandro Galano


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