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Abbasso il caporalato, Viva No Cap: cosa insegna la storia della Op Principe di Puglia

Da un lato un Ford Transit di colore giallo ocra, modificato fisicamente e meccanicamente per aumentarne la capienza da 9 fino a 25 persone. Malandato, impolverato come le coscienze di chi schiavizza per lavoro, pericoloso sia per chi viaggiava stipato all'interno sia per gli utenti della strada. Dall'altro il Trafic Renault multicolore, con 9 posti regolari, con il logo in prima vista NoCap, rappresentante i sei cardini dell'impegno dell'associazione di Yvan Sagnet: rispetto per il lavoro, per l'ambiente e il paesaggio, per la salute dei cittadini, produzione di energia senza emissioni, ritorno alla filiera corta e finanziamento etico delle attività di impresa; impiegato per accompagnare a lavoro braccianti e donne vittime di sfruttamento.

I PROTAGONISTI. Il paragone plastico tra i due mezzi di trasporto aiuta ad evitare fraintendimenti sui protagonisti della brutta storia di sfruttamento dei lavoratori da parte della Op Principe di Puglia, venuta alla luce grazie alla maxioperazione anticaporalato 'Principi o Caporali'. L'inchiesta ha investito indirettamente anche NoCap, visto che l'azienda di Stornara coinvolta era rientrata nella filiera di certificazione etica dell’associazione internazionale costituita da Yvan Sagnet. Tuttavia le parti non sono in discussione. Da un lato gli accusati: i titolari che, secondo quanto accertato dagli inquirenti, hanno sfruttato i braccianti pagandoli 4 euro l'ora. Dall'altro l'associazione anticaporalato NoCap che, dell'inchiesta, è vittima. E che, dalla brutta esperienza, potrà uscirne rafforzata a patto che non abbia timore di ammettere i limiti e le difficoltà di un obiettivo, quello di sconfiggere il caporalato, complicatissimo.

I LIMITI. Le reazioni dell'associazione NoCap, invece, sono state oggettivamente scomposte. Dopo l’articolo, pubblicato da Foggia Città Aperta, in cui veniva dato conto della doppia faccia dell’azienda Op, nella replica sulla pagina ufficiale Facebook si è voluto retrodatare a giugno scorso la tempistica delle indagini, quando le stesse sono state condotte fino a inizio novembre. La collaborazione di NoCap, d'altra parte, risale almeno a settembre quando, in un post poi rimosso, l’associazione annunciava l’espansione della Rete NoCap e definiva la Op Principe di Puglia “una realtà aziendale davvero fantastica con modelli e processi perfettamente in linea con i principi di NoCap”. L'associazione si è chiusa a riccio e quelle di Foggia Città Aperta sono state definite “informazioni di stampa confuse e superficiali”. La posizione di Yvan Sagnet e dei suoi attivisti è stata categorica. Dal momento in cui la propria squadra entra in azienda, per tutti i lavoratori è assicurata la regolarità di comportamento. Eppure la testimonianza di una lavoratrice, impiegata alla Op Principe di Puglia da ottobre 2020 a fine gennaio 2021, parla di una situazione differente: “Ho visto casi di abuso di potere nello stabilimento, alcuni lavoratori sono stati spintonati perchè non reggevano i ritmi e poi cacciati. Chi sbagliava non veniva solo corretto ma umiliato, le scarpe antiinfortunistiche ho dovuto comprarmele. E, poi, dopo un focolaio di Covid in azienda che ha coinvolto anche la 'povera' Tiziana Gentile (ndr: la donna uccisa a Orta Nova il 28 gennaio 2021) non mi hanno neanche fatto un tampone”.

CORREGGERE IL BOLLINO. Nell'esperienza di Stornara, qualcosa non ha funzionato. La difesa strenua della propria posizione, da parte di NoCap, è comprensibile. In un progetto così ambizioso può spaventare anche arretrare di un millimetro. Ma se è lecito fornire un consiglio: è vero anche il contrario. A volte, tornare indietro, serve a correggere il tiro su possibili errori e proseguire più spediti. Il metodo ideato da Yvan Sagnet e i suoi attivisti è probabilmente il migliore attualmente possibile ma, naturalmente, non è perfetto. Nell'ultimo comunicato inviato, NoCap ha ammesso che “il bollino viene riconosciuto esclusivamente ai prodotti che coinvolgono la squadra di braccianti NO CAP e che siano da noi verificabili, e non certifica in alcun caso il passato dell’azienda, fuori dalla nostra responsabilità ed attività”. E, come si è visto a Stornara, non assicura neanche il presente. Il problema, se ci è concesso, è tutto qui. Perchè, invece, agli occhi dei consumatori quel bollino assegna la patente di virtuosità all'intera azienda. E accollarsi una responsabilità così grossa sarebbe chiedere davvero troppo a volontari e lavoratori impiegati. Cosa fare? Rendere maggiormente trasparente la procedura potrebbe essere un punto di partenza ed evitare il rischio di futuri episodi contraddittori. Un altro aspetto, infine, deve essere chiaro. Il caporalato si sconfigge tutti insieme oppure non si sconfigge. È imprescindibile fare rete tra tutte le forze in campo della società civile. Da parte nostra, continueremo a considerare meritorio l'impegno di Yvan Sagnet, lo stesso ribelle che - altro che 'strumentalizzazioni e valutazioni improprie' - Foggia Città Aperta seguiva e intervistava nel lontano 2012. Quando ancora non era Yvan Sagnet.

di Michele Gramazio


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