Un “giallo” a Foggia: l’idea di Alfredo Ricciardi, scrittore e ingegnere
Intervista all’autore a pochi giorni dalla “prima” in città
Il commissario Spinelli svolge le sue indagini a Foggia: viene da Ascoli Piceno e si è ritrovato in Capitanata a causa di una “fregatura” amorosa. A crearlo, una nuova voce del giallo italiano: Alfredo Ricciardi. Neanche a dirlo, foggiano anche lui. È il mondo che ruota attorno al primo romanzo di quella che si preannuncia già come una serie, dal titolo “Il commissario Spinelli e i sepolcri imbiancati” (Tea, 2022): martedì 27 settembre, ore 18, l’autore presenta il suo romanzo in Biblioteca, per la “prima” nazionale nella sua città. L’appuntamento riapre il ciclo di incontri “Fuori gli Autori, a cura di Ubik e La Magna Capitana. In questa intervista, Alfredo Ricciardi parla del suo eroe e della genesi di questo suo primo lavoro editoriale.
Da dove nasce, per un ingegnere, la passione per i "gialli" e per un giallo di ambientazione foggiana? I gialli mi sono sempre piaciuti, fin da ragazzino, anche se non ero un gran lettore. Ma ho da subito preferito la letteratura gialla e i suoi grandi classici – Simenon, sopra tutti – alla letteratura “ufficiale”, quella che si insegna a scuola per intenderci. Forse proprio per questa mentalità da ingegnere, preferisco libri che raccontano una storia con uno scopo, quale partire da alcuni indizi e trovare un colpevole: se ci pensi, non è tanto diverso da partire da alcuni dati, e trovare la soluzione con un calcolo, no? L’ambientazione foggiana, poi, è venuta da sé: sono nato e cresciuto qui a Foggia, tranne per un breve periodo, e non avrei potuto scrivere una storia credibile se non ambientandola in un posto che conosco bene.
Un primo romanzo che annuncia già una piccola "serie", è così? Sì, l’ambizione è proprio quella. In realtà, oltre a “Il commissario Spinelli e i sepolcri imbiancati” sono già disponibili altri tre episodi, tutti con gli stessi personaggi e con un filo che collega i romanzi tra loro.
"Spinelli, ascolano emigrato a Foggia per amore e ivi rimasto senza il suddetto”: è quanto si legge già nel risvolto di copertina. In pratica, è una "fregatura" amorosa che fa incontrare l'eroe di Ricciardi e la Capitanata? Esatto, non avrei saputo definirla meglio! Nando Spinelli si innamora di una ragazza di Foggia e, senza anticiparle nulla, si fa trasferire proprio a Foggia per stare con lei e iniziare una relazione seria. Ma le cose, fin dal primo momento, non vanno come aveva sperato – anzi, peggio non poteva essere. Ma fare retro front non è contemplato nelle opzioni, perché significherebbe dar ragione a chi gli aveva detto di non farlo, sua madre in primis. Insomma, si ritrova incastrato in Capitanata, e per questo la detesta. Ma c’è tempo e modo per fargli cambiare idea…
Al di là dei risvolti amorosi, per così dire, che tipo di investigatore è questo Spinelli? Se me lo consenti, parto al rovescio, ovvero ti dico che tipo di investigatore “non” è Spinelli. Nando Spinelli è lontano dallo stereotipo americano del poliziotto tutto d’un pezzo, che lotta senza macchia e senza paura contro il Male. Nelle sue indagini, si appoggia molto ai suoi collaboratori – anche loro persone assolutamente normali – e insieme a loro cerca di trovare il famigerato bandolo della matassa. Non è folgorato dall’intuizione geniale, e nemmeno è dotato di quella capacità da profiler di scoprire al primo sguardo chi gli stia mentendo. Credo che la maggior parte degli abitanti di questo pianeta sia così, e che di geni che lottano contro il male ce ne siano molti meno.
"Gente tanto diffidente quanto generosa", si legge ancora in merito ai foggiani che popolano il tuo romanzo: è questo che pensi dei tuoi concittadini? Dei miei concittadini penso tante cose, molto spesso contrastanti: penso che sì, siano gente generosa, quando riesci a penetrare il loro spesso strato di diffidenza. Ma allo stesso modo credo che questa diffidenza abbia delle radici storiche e sociali che, in qualche misura, la giustificano. Credo che i miei concittadini non si rendano conto di che fortuna abbiano avuto – anzi, abbiamo avuto – a nascere in un posto così bello. Credo che non ci si renda conto del fatto che potremmo vivere tutti alla grandissima, se solo ci dessimo una svegliata e smettessimo di dare a cause esterne la colpa per la condizione in cui siamo.
Quali sono gli elementi più riconoscibili della tua città e del territorio nel romanzo che hai scritto? Più che elementi geografici, ho cercato di descrivere gli elementi caratteriali del foggiano medio – per quanto possibile. È questo il motivo per cui ho scelto che il protagonista dei romanzi non fosse del posto: mi serviva un punto di vista esterno, obiettivo, che potesse esprimere il suo giudizio sulla città e sui suoi abitanti senza obblighi morali nei confronti né dell’una, né degli altri. E così Spinelli si trova a criticare l’urbanizzazione, la cattiva manutenzione, la mancanza di storia – storia della quale invece è ricca la sua Ascoli. E allo stesso modo critica il dialetto, l’atteggiamento pigro dei foggiani, la loro tendenza a esprimersi a gesti. Insomma, non gli va bene niente…
Che rapporto ha l'autore Ricciardi con la sua città? Il più classico dei rapporti di amore e odio. Non c’è giorno in cui non pensi di andarmene, così come non c’è giorno in cui non pensi di fare qualcosa di importante per la mia città. Ambientare un romanzo a Foggia è sicuramente una cosa piccola, e non così importante, ma la rende il centro della scena, davanti agli occhi di lettori che possono trovarsi ad Aosta, a Udine o Palermo, e che magari fino a quel momento hanno sentito nominare Foggia soltanto in un servizio di cronaca nera al telegiornale.
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