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Condanna a sei anni in primo grado per Massimo Curci: dalla scatola che lo inguaiò alla sentenza

Nei giorni scorsi la pronuncia del tribunale di Milano

Il commercialista di Carapelle ed ex socio del Foggia calcio, Massimo Curci, è stato condannato a sei anni in primo grado dal tribunale di Milano. È stata, inoltre, disposta la confisca di beni per un totale di circa 36milioni di euro.

I REATI. La decisione dei giudici meneghini è contenuta nel dispositivo della sentenza emessa lo scorso 15 gennaio che chiude (salvo appello) il secondo filone dell'operazione Security, condotta dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari. Il tribunale ha accolto in pieno la richiesta di condanna a 6 anni per Massimo Curci, formulata dall'accusa nel novembre scorso e legata al reato di autoriciclaggio e a una serie di reati fiscali tra cui quello di indebita compensazione. Il professionista era stato arrestato nel dicembre 2017 e aveva già subito una serie di sequestri di beni, l'ultimo dei quali nel luglio del 2018 confermato poi ad ottobre dal Tribunale del riesame.

LE INDAGINI. I guai giudiziari di Massimo Curci erano tuttavia venuti alla luce qualche mese prima, nel mese di luglio 2017, con un provvedimento di sequestro preventivo d'urgenza. Il provvedimento aveva fatto emergere l'esistenza di un sodalizio pugliese capeggiato da Antonio Saracino e orchestrato dal commercialista di Carapelle che aveva messo in piedi, secondo quanto poi riportato nell'ordinanza cautelare, “un peculiare servizio” che consentiva di abbattere debiti tributari e previdenziali attraverso l'utilizzo in compensazione di codici tributo non pertinenti, sui modelli F24 utilizzati per pagare. (continua a leggere)
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LA SCATOLA. Gli inquirenti avevano potuto appurare che il commercialista del Foggia Calcio chiamato Massimo, di cui si parlava in conversazioni captate da intercettazioni ambientali disposte su altri indagati, fosse in realtà Massimo Curci grazie a una perquisizione avvenuta nello studio di Carapelle il 15 maggio del 2017. In quella occasione era stata ritrovata, facilmente riconoscibile, una scatola contenente documentazione contabile di una delle cooperative coinvolte di cui gli inquirenti avevano seguito tutto il viaggio immortalandola inizialmente attraverso un appostamento in Lombardia nelle mani di Antonio Saracino all'uscita degli uffici della Sicilog, nei pressi di Milano. A distanza di 20 mesi della scatola che lo inguaia la prima sentenza di condanna a suo carico. 

di Michele Gramazio


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