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Il pallone ai tempi del pallone: gli undici “sfasulati” (più uno) di Remo Rapino, scrittore alla Soriano

L’ultimo autore del Foggia Festival Sport Story

Mancini-List-Codispoti-Manicone-Padalino-Napoli-Rambaudi-Porro-Baiano-Barone-Signori. Da ‘ste parti, la “formazione tipo” è questa e non ha bisogno di presentazioni. Serie B, 1990/91, primo posto. Manca uno, ovviamente: Zdenek Zeman. Undici uomini più il mister, quando i numeri di maglia andavano dall’1 all’11 e il calcio aveva le ali. Anzi, quando il “Fubbàll” ce le aveva, com’è il titolo del libro di Remo Rapino, ultimo autore del Foggia Festival Sport Story 2023, di scena lunedì 4 dicembre alle ore 18.30 alla Fondazione dei Monti Uniti (in via Arpi, 152) – incursioni teatrali della Piccola Compagnia Impertinente e conversazione a cura di Alessandro Tosques e Marcello Curci.

UNDICI CONFESSIONI. Docente di filosofia, scrittore di prestigio – vincitore del Premio Campiello 2020 con “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” (minimum fax) – e discepolo ideale di Osvaldo Soriano, centravanti mancato ma scrittore centrato che con la sua penna ha mischiato magia e pallone per cinquant’anni di cronache e storie, un po’ inventando, un po’ prendendoci. È quello che fa Rapino, abruzzese tifoso del Bologna, con la sua “formazione tipo”: undici racconti suddivisi per numero di maglia e ruolo, undici confessioni in prima persona di un calcio che non c’è più ma che, grazie al talento di chi scrive, ancora palpita; anzi scalpita, come si direbbe di chi è in panchina e non vede l’ora di cambiare la partita – anche se i suoi “fubbàllisti” quasi mai ci riescono.

LA FORMAZIONE TIPO. Milo-Glauco-Osso Nilton-Treccani-Giuseppe-Wagner-Berto Dylan-Efrem Giresse-Pablo-Baffino-Nadir. Allenatore: Oliviero. Questa la formazione di “Fubbàll” (minimum fax, 2022), sinfonia sgangherata di calciatori “sfasulati” che non troveremo in nessun campionato, non oggi perlomeno ma che, scavando un po’, forzando la mano della fantasia, possiamo rinvenire qua e là, cogliendone polvere (tanta) e umanità (di più). C’è il bruto terzino marcatore – ruolo estinto da un trentennio – a cui un giorno l’allenatore dice di prendere “anche” la palla, oltre alle gambe dell’avversario. C’è il libero – altra meteora dell’oggi calcistico – soprannominato Treccani che legge Camus e sfida la Juve fighetta – e perde, ma “quella sconfitta fu la mia ultima vittoria”. C’è Baffino, il 10 che sfanga la Puglia della serie C – gioca anche a Foggia – e che era “meglio di spalle che di fronte” per via di quel suo tacco, così simile a quello “di Dio” di cui si favoleggiava negli stessi anni in Brasile – Socrates, senza mai nominarlo.

LA MERAVIGLIA. È il pallone ai tempi del pallone, verrebbe da dire. Del fango, delle botte. Degli scarpini neri neri e dei calzettoni abbassati. Della meraviglia disegnata sui volti di paese, dietro la rete di protezione, a guardare partite come se ogni volta fosse l’ultima e poi di corsa al bar, a raccontare, ingigantire, litigare. Remo Rapino ha la passione di un bambino, anzi di quel bambino che fu, ch’è stato lui stesso ai tempi in cui bambini si restava poco: l’infanzia come un’unica e sfrenante partita in strada, i giubbotti per terra a fare i pali e quel pallone a rotolare. Così breve, così bella.

di Alessandro Galano


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