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Tangenti al Comune, per gli inquirenti il “referente politico” è Bruno Longo: quello dei “meccanismi da ungere”

Il porta-voti della destra locale al centro dell’indagine

Ci sono un funzionario, un imprenditore, un faccendiere e un consigliere comunale. No, non è una barzelletta – ops, stavolta è stata involontaria. Sarebbe bello se lo fosse, ma purtroppo non è così: è una storia vera che, ancora una volta, getta una macchia pesante sul Comune di Foggia. E, in particolar modo, sulla maggioranza di centrodestra al governo della città da ormai sette anni.

IL “PORTA-VOTI” DELLE DESTRE. Tra gli arrestati di oggi, mercoledì 10 febbraio, su indagine della Guardia di Finanza nell’ambito dell’operazione “Nuvola d’oro”, oltre al medico in pensione Apicella, all’imprenditore molisano Panniello e al funzionario comunale Parente, spicca il nome di Bruno Longo (LEGGI). Consigliere comunale di maggioranza, volto storico della destra locale, “porta-voti” come pochi alla coalizione di Landella e da oggi nuovo tassello nero – non potrebbe essere altrimenti – ascritto al consorzio di Fratelli d’Italia, partito che ultimamente sta facendo i conti con personaggi di dubbia legalità, tra arresti e indagini sparsi per la Penisola. Il fatto, in estrema sintesi, è già clinicamente noto: presunte tangenti (circa 35mila euro) intascate allo scopo di prolungare appalti comunali nei confronti di una società di servizi informatici, per fatture di oltre 300mila euro. A pagare, e a confessare, il legale rappresentante della Spectre srl, Massimo Palange.

“UNGERE I MECCANISMI”. Spicca Longo, s’è detto. Ma, a pensarci bene, la cosa non dovrebbe affatto sorprendere. Matusa di Palazzo di città – c’era la lira e lui già occupava gli scranni consiliari –, già nel lontano 2013 il paladino delle destre di Foggia si era espresso in modo piuttosto netto in materia di corruzione. In quell’occasione, in particolare, dal suo profilo Facebook, pontificando su Silvio Berlusconi – all’epoca a processo per il caso Ruby – disse che “gli imprenditori per diventare grandi devono ungere quei meccanismi del sistema che altrimenti non funzionerebbero”. E poi, per chi non avesse chiaro il concetto, aggiunse che: “per aprire una fabbrica all'estero ci vogliono trenta giorni per gli atti burocratici, mentre in Italia ci vogliono trent’anni, a meno che non ungi il personaggio che deve firmarti l'autorizzazione”.

“UN REFERENTE POLITICO”. Nessuna sorpresa, dunque. Certo, per Longo e soci, fino a prova contraria resta la presunzione di innocenza ma, come dire, le carte in mano agli inquirenti, tra intercettazioni, confessioni dell’ungitore e dichiarazioni degli unti, sembrano piuttosto chiare. Nell’ordinanza del Gip, in relazione alle presunte mazzette intascate principalmente tra il 2018 e il 2019, in merito alla figura di Bruno Longo si legge quanto segue: “Un referente politico. Colui che, con la sua sfera di influenza e i suoi rapporti con il Sindaco di Foggia, della cui amministrazione faceva parte il genero Amorese, riusciva a far emettere la determina al responsabile del settore, Affatato, e a far liquidare le fatture, impedendo che queste ultime finissero tra i debiti fuori bilancio e pagati solo a seguito dell’approvazione del consiglio comunale, quindi secondo tempi molto lunghi”.

“DEVE AVERE LA SUA QUOTA”. Sarebbe, in definitiva, l’ingranaggio da ungere. L’acceleratore. Uno che, intercettazioni alla mano, a un certo punto “deve avere la sua quota”, proprio come rivela il medico Antonio Apicella a sua moglie, in riferimento al noto politico locale. E che anzi, alla proposta del faccendiere in pensione di elargire soldi anche al Sindaco di Foggia, perfino s’inalbera – “Non ti azzardare” – pretendendo lì e subito la sua libbra di carne – 1500 euro in quel frangente – in virtù del servizio svolto. Già, e nello specifico quale sarebbe questo servizio? Quello di ottenere le firme giuste dalle persone giuste nei tempi giusti, anche quando “siamo già fuori legge” – come dice lui stesso all’Apicella parlando di un’ulteriore proroga illegittima. Oppure, per dirla con parole sue, quello di aver fatto “funzionare il sistema”. Sistema che, secondo gli inquirenti, era esattamente lui. Bruno Longo.

di Alessandro Galano


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